{"id":21391,"date":"2016-01-26T07:00:46","date_gmt":"2016-01-26T06:00:46","guid":{"rendered":"https:\/\/www.professioneformatore.it\/?p=21391"},"modified":"2016-01-26T17:10:42","modified_gmt":"2016-01-26T16:10:42","slug":"cinque-fasi-dello-stress","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.professioneformatore.it\/cinque-fasi-dello-stress\/","title":{"rendered":"5 Fasi dello Stress"},"content":{"rendered":"

Conosci qualcuno che non sia stressato<\/em>?<\/p>\n

Cosa si intende esattamente per stress<\/a><\/strong>?<\/p>\n

Stress: cos\u2019\u00e8?<\/strong><\/h2>\n

Nel 1980, Lazarus ha detto che si pu\u00f2 parlare di stress <\/em>quando una persona si rende conto della discrepanza<\/em> esistente tra le richieste poste dalla situazione in cui ella stessa si trova inserita e le risorse<\/strong> <\/span>che ha disposizione, per farvi fronte.<\/p>\n

Significati della parola stress<\/strong><\/h2>\n

La parola stress deriva dal latino strictus<\/em> che significa stretto, serrato, compresso e in Inghilterra, nel XVII secolo, il termine era usato con il significato di difficolt\u00e0<\/strong><\/a>, avversit\u00e0 <\/strong>o afflizione<\/strong>. Nei secoli successivi ha acquisito il significato pressione<\/strong>, tensione<\/strong> o sforzo<\/strong>.<\/p>\n

Pi\u00f9 recentemente, l\u2019espressione “mettere sotto stress<\/em>” \u00e8 stata utilizzata nel campo dell\u2019industria metallurgica per testare la resistenza<\/strong> dei metalli. I metalli vengono sottoposti alla massima sollecitazione<\/strong>, attraverso cicli ripetuti di tensione meccanica, appunto chiamate prove da stress<\/em>.<\/p>\n

Oggi al termine \u00e8 dato il significato di resistenza<\/strong> relativi ad una persona<\/strong>. Spesso si utilizza il termine stress sia per definire le cause, quindi, i fattori cosiddetti di strain<\/em>, sia le conseguenze patologiche<\/span> che questi fattori possono provocare.<\/p>\n

Studi sullo stress<\/strong><\/h2>\n

Il primo studioso ad occuparsi dello studio<\/strong> dello stress \u00e8 stato il medico Hans Selye (1936), che ha definito lo stress<\/em> come una risposta aspecifica dell\u2019organismo <\/em>per ogni richiesta effettuata su di esso dall\u2019ambiente esterno. Il medico ha sostenuto che gli stimoli stressanti provocano un aumento della secrezione ormonale<\/u> ad opera della corticale della surrene, si tratta di caratteristica fisiologica<\/strong> dell\u2019uomo.<\/p>\n

Egli ha interpretata questa risposta fisiologica dell\u2019uomo come una risposta sistematica generale di adattamento<\/span>, che ha definito “Sindrome di Adattamento”<\/em>, definita dal susseguirsi di tre fasi<\/strong> distinte.<\/p>\n

Le 3\u00a0fasi della Sindrome di adattamento:<\/h3>\n
    \n
  1. La prima fase: viene definita di allarme<\/strong>, a causa della presenza dello stressor<\/em> (stimolo-evento stressante), che determina nell\u2019individuo il riconoscimento di un pericolo<\/strong> insito nello stimolo. Nella fase di allarme si verifica dunque una reazione di stress acuto in cui l\u2019organismo mobilita tutte le sue difese<\/u>.<\/li>\n
  2. La seconda fase: \u00e8 quella di resistenza<\/strong>, nella quale l\u2019organismo si impegna a fronteggiare l\u2019evento<\/u>, mettendo in atto un complesso programma biologico-comportamentale<\/em>. Il programma biologico-comportamentale consente di \u201cforgiare\u201d la risposta<\/strong> allo stressor<\/em>, mediante l\u2019attivazione dell\u2019asse ipotalamo-ipofisi-surrene.<\/li>\n
  3. La terza\u00a0fase: \u00e8 quella di esaurimento<\/strong>, che si verifica quando termina la quantit\u00e0 di energia presente nell\u2019individuo per far fronte allo stressor<\/em>. Questo comporta una critica riduzione delle capacit\u00e0 adattive dell\u2019organismo in generale<\/span>. La fase di esaurimento pu\u00f2 porsi come una vera e propria base per essere predisposti allo sviluppo di patologie<\/strong>, questo avviene perch\u00e9, l\u2019evento stressante si protrae oltre quella che \u00e8 la resistenza dell\u2019organismo<\/u>.<\/li>\n<\/ol>\n

    Quando l\u2019organismo non riesce a perpetuare il suo stato di resistenza nei confronti dello stressor<\/em>, si generano patologie difficilmente reversibili<\/span> e secondo Selye \u00e8 possibile persino la morte.<\/p>\n

    Negli stessi Anni Trenta, il fisiologo W.Cannon ha parlato di una teoria dell\u2019equilibrio<\/strong>, che riguarda l\u2019omeostasi, intesa come la tendenza dell\u2019organismo dell\u2019uomo, e dell\u2019animale a cercare un continuo equilibrio<\/em>. Ecco perch\u00e9, egli considera che c\u2019\u00e8 uno stress positivo<\/strong> e vitale, che \u00e8 detto eustress<\/em>, in quanto vi \u00e8 l\u2019attivazione dell\u2019organismo di fronte a stimoli e pressioni ambientali come funzione dell\u2019adattamento<\/strong>.<\/p>\n

    L\u2019eustress<\/strong> riguarda il grado di novit\u00e0, di prevedibilit\u00e0<\/strong> e di evitabilit\u00e0 dello stimolo stressante, l\u2019altro tipo di stress <\/em>invece ha una connotazione nettamente negativa<\/em> ed anche disadattiva, con caratteristiche di cronicit\u00e0 ed effetti devastanti<\/span>, detto distress.<\/strong><\/p>\n

    Nel 1967, Appley e Trumbull hanno definito lo stress <\/em>come lo scarto<\/em> che sussiste fra delle richieste ambientali e <\/u>le reazioni cognitive, psicologiche, sociali e biologiche dell\u2019individuo. Lo stress<\/strong> viene dunque visto come il risultato dell\u2019interazione dinamica fra l\u2019ambiente e le diverse capacit\u00e0 dei sistemi di funzionamento cognitivo, biologico e sociale<\/span>; ciascuno dei quali \u00e8 dotato anche di un\u2019autonomia funzionale<\/em>.<\/p>\n

    Questo rapporto tra fattori esterni ed interni mette in atto l\u2019eccitazione neurovegetativa<\/strong>, che avviene per mezzo risposte automatiche<\/em>, spesso disorganizzate. L\u2019eccitazione neurovegetativa avviene anche sotto forma di reazioni mediate dai processi cognitivi<\/em>, indipendentemente dall\u2019efficacia di questi ultimi.<\/p>\n

    Appley e Trumbull hanno distinto due tipi di stress<\/a><\/strong> legati rispettivamente ad uno stressor<\/em> acuto<\/em> cio\u00e8 momentaneo, diverso da uno stressor cronico<\/em>, quindi quotidiano. Distinguono quindi lo stress per frequenza ed intensit\u00e0<\/span>.<\/p>\n

    L\u2019organismo dunque, ogni qualvolta che si presenta uno stressor<\/em>, deve valutare di che tipo di stress si tratta, ed in base a questo ed alla natura intrinseca dello stress (es. caldo\/freddo), si regola sulla sua reazione<\/strong>.<\/p>\n

    \u00c8 a Folkman e Lazarus che si deve il Modello Transazionale dello Stress e Coping<\/strong> del 1980. Questo modello considera lo stress come un insieme di processi, i quali comportano interazioni ed adattamenti tra persona ed ambiente<\/span>, detti transazioni<\/em>.<\/p>\n

    La persona \u00e8 quindi vista come un agente attivo<\/em>, in grado di influenzare l\u2019impatto<\/strong> degli eventi stressanti, mediante strategie emotive, cognitive, comportamentali. Il processo di coping <\/strong>consiste in un\u2019attivit\u00e0 cognitiva, che procede ad una doppia valutazione della situazione<\/u> quando si verifica un evento potenzialmente portatore di stress.<\/p>\n

    Gli individui cercano di valutarne il significato<\/u> ed il suo probabile impatto<\/strong> sul proprio benessere: la valutazione primaria consiste nel giudicare quanto siano rilevanti ed imminenti il rischio<\/strong> e la minaccia da affrontare. Nella valutazione secondaria, la persona valuta cosa pu\u00f2 eventualmente fare per affrontare il pericolo<\/span>, quali risorse pu\u00f2 usare, e se vi sia qualcosa che possa fare per migliorare le probabilit\u00e0 di ottenere un vantaggio<\/strong>.<\/p>\n

    Esistono due tipologie <\/strong>di coping il primo \u00e8 incentrato sul problema<\/strong>, il secondo invece \u00e8 concentrato sulle proprie emozioni<\/strong>. Solo successivamente il soggetto \u00e8 in grado di discernere quale strategia di coping \u00e8 stata usata.<\/p>\n

    Lazarus (1966) sostiene che la risposta<\/strong> agli stimoli stressanti \u00e8 resa parzialmente specifica <\/u>dalle esperienze <\/strong>personali precedenti e dalla struttura genetica<\/strong>, entrambe sono in grado di modificare le risposte personali agli stimoli.<\/p>\n

    Una decina di anni dopo, Cox sostiene che lo stress<\/strong> debba essere considerato un fenomeno individuale<\/em>, in quanto ha origine fra una persona ed il suo ambiente specifico<\/span>, vi \u00e8 variazione nell\u2019esperienza di stress e nella risposta ad esso. Cox descrive lo stress come un processo sistematico<\/strong> sulla base di un modello composto da cinque fasi<\/em><\/p>\n

    5 fasi dello stress<\/h2>\n
      \n
    1. La prima fase:\u00a0<\/strong>\u00e8\u00a0costituita dalle fonti<\/strong> presente nell\u2019ambiente e dalle sue richieste<\/li>\n
    2. La seconda fase<\/strong>: di fatto, coincide con una valutazione primaria e si riferisce alla percezione<\/strong> che la persona ha di queste richieste in relazione alla propria capacit\u00e0 di farvi fronte<\/li>\n
    3. Terza fase: <\/strong>\u00e8 rappresentata dai cambiamenti<\/strong> fisiologici, emotivi e psicologici e comportamentali associati al riconoscimento di uno stato di stress <\/span>e, che comprendono il coping<\/strong><\/li>\n
    4. La quarta fase<\/strong>: \u00e8 legata alle conseguenze<\/strong> del coping;<\/li>\n
    5. La quinta fase<\/strong>: \u00e8 il feedback <\/strong>che si verifica in relazione a tutte le altre fasi del modello<\/li>\n<\/ol>\n

      Il feedback<\/strong> allo stress potrebbe generare a sua volta stress<\/em>.<\/p>\n

       <\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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