{"id":2081,"date":"2010-04-11T19:27:52","date_gmt":"2010-04-11T18:27:52","guid":{"rendered":"https:\/\/www.professioneformatore.it\/?p=2081"},"modified":"2016-01-02T02:22:37","modified_gmt":"2016-01-02T01:22:37","slug":"conosci-il-rapporto-sul-futuro-della-formazione-in-italia","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.professioneformatore.it\/conosci-il-rapporto-sul-futuro-della-formazione-in-italia\/","title":{"rendered":"Conosci il Rapporto sul futuro della formazione in Italia?"},"content":{"rendered":"

Il Rapporto sul futuro della formazione in Italia, stilato dalla commissione De Rita affronta il tema della formazione in Italia, proponendo un modello nuovo e pi\u00f9 moderno del concetto di formazione, che tenga conto della centralit\u00e0 della persona e che sia indissolubilmente legato alla dimensione lavorativa, come ipotizzato sul Libro Bianco del welfare, che rappresenta la fonte principale di questo testo.<\/p>\n

La critica si muove in particolare verso la totale assenza di comunicazione tra il mondo della formazione e quello del lavoro: \u201cPensare alla formazione sulla base dei due valori costituzionali \u2013 la persona e il lavoro \u2013 significa realizzare una offerta formativa finalizzata alla occupabilit\u00e0 dei singoli, cio\u00e8 permettendo al cittadino di contare su un bagaglio di competenze con cui accedere nel mercato del lavoro e restarvi, adattandosi ai continui e rapidi cambiamenti, sulla base di rinnovate conoscenza, abilit\u00e0, competenze che portano anche a una maturazione sempre pi\u00f9 articolata e profonda della personalit\u00e0 di ciascuno\u201d.<\/p>\n

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L\u2019Italia, per quanto concerne la formazione, \u00e8 molto indietro sia in campo qualitativo che quantitativo rispetto agli standard europei: tutto ci\u00f2 \u00e8 testimoniato dai dati dell\u2019indagine Excelsior (che denuncia la carenza di validi profili adatti a rispondere alle future esigenze del mercato del lavoro italiano) e dai dati sugli abbandoni scolastici (14,3% in Italia contro il 19,8% dell\u2019obiettivo di Lisbona), che dimostrano come i contenuti e le modalit\u00e0 della scuola italiana offrano prospettive ancora troppo basse, probabilmente anche perch\u00e9 privi di qualsiasi proiezione realistica su un futuro inserimento lavorativo.<\/p>\n

Il Rapporto, rilevato questo pesante divario, suona il campanello d\u2019allarme rispetto alle proiezioni al 2020 sulla domanda e offerta di lavoro europee che vedono il nostro paese impreparato a fronteggiare la prevista crescita di lavoratori sempre pi\u00f9 qualificati. I dati forniti dal Cedefop, l\u2019agenzia della Commissione Europea, attestano che oggi in Italia abbiamo una percentuale di basse qualifiche che si attesta al 45,2% a fronte del 28% della media europea; abbiamo il 42% di competenze intermedie contro il 48 medio dell\u2019Europa e abbiamo il 12,8% delle competenze alte contro il 23,1 della Germania, il 26,6 della Francia e il 23,8 medio dell\u2019Europa. La Commissione Europea ci chiede, entro il 2020, una struttura cos\u00ec composta: 50% circa di competenze intermedie, non pi\u00f9 del 20% di competenze basse e almeno del 30% di quelle alte.<\/p>\n

Secondo la commissione, una delle pi\u00f9 grandi carenze del nostro sistema formativo professionale \u00e8 l\u2019autoreferenzialit\u00e0 dell\u2019offerta, che non tiene conto dei reali bisogni delle persone, in particolare le fasce pi\u00f9 deboli del mondo del lavoro, n\u00e9 tantomeno di quelli delle imprese. Una maggiore attenzione a queste esigenze dovrebbe rappresentare l\u2019elemento fondamentale del nuovo sistema formativo e, avvicinandosi alle strategie europee, la base su cui costruire un vero modello di apprendimento lungo l\u2019intero ciclo della vita, integrato con politiche lavorative realmente attive in cui siano riconosciuti tutti i \u201cluoghi formativi\u201d, ivi compresi i contesti informali e non formali di apprendimento e, soprattutto, le imprese. Queste ultime sono infatti, secondo il Rapporto, il contesto privilegiato di sviluppo delle professionalit\u00e0 e di certificazione di competenze di vario tipo; l\u2019uso del linguaggio delle competenze nel mondo della formazione e del lavoro \u00e8 indispensabile per poter poter prevedere e giocare d\u2019anticipo sulla domanda e l\u2019offerta di professionalit\u00e0 e quindi per ridurre gli squilibri tra percorsi formativi e carriere professionali. \u00c8 inoltre assolutamente necessario costituire una nuova governance del sistema formativo capace di identificare i settori produttivi trainanti e i bisogni del territorio che dovrebbero costituire la premessa per definire i bisogni di formazione: \u201cIl nuovo quadro di governance del sistema di istruzione e formazione dovrebbe mutuare dall\u2019Europa il metodo del \u00abcoordinamento aperto\u00bb in cui la cooperazione istituzionale rafforzata di tutti gli attori sia finalizzata alla graduale riqualificazione dell\u2019offerta formativa per il raggiungimento di consistenti risultati e impatti occupazionali\u201d.<\/p>\n

Tale risultato si potr\u00e0 ottenere a patto che tutti i soggetti di governo assumano la medesima strategia di convergenza sia sulla dotazione complessiva delle risorse, sia sugli obiettivi che si vogliono perseguire. Il ruolo del Ministero del lavoro a questo proposito \u00e8 decisivo, promuovendo la nuova concezione della formazione presso le varie istituzioni competenti, richiamando le Regioni a esercitare il proprio ruolo e, infine, sollecitando il superamento dei gravi squilibri sul territorio nazionale. In altre parole, per rifondare il futuro della formazione in Italia sar\u00e0 necessario muoversi verso una cooperazione tra le istituzioni, per cui le Regioni pi\u00f9 dinamiche possano agire da pungolo e traino rispetto a quelle che, anche per mancanza di consapevolezza e volont\u00e0 politica, restano il fanalino di coda del Paese.<\/p>\n

L\u2019obiettivo da raggiungere \u00e8 quindi una generalizzazione di metodologie concordate tra Stato, Regioni e parti sociali per costruire un sistema informativo e una modalit\u00e0 di monitoraggio e di valutazione degli interventi che dia una visione d\u2019insieme dell\u2019impatto realizzato, evitando sprechi di risorse e inutili duplicazioni. Di grande rilevanza \u00e8 la proposta di centrare la formazione non pi\u00f9 sulle varie tipologie dei percorsi ma sulle competenze acquisite, modificando anche il ruolo dei formatori, che dovrebbero esercitare pi\u00f9 un ruolo di facilitatori e di stimolatori piuttosto che di \u201cdocenti tradizionali\u201d. A ci\u00f2 consegue necessariamente l\u2019idea di costruire un sistema nazionale di certificazione delle competenze acquisite sia nei percorsi di istruzione e formazione sia sul lavoro.<\/p>\n

La grande importanza attribuita alle competenze specifiche porta con s\u00e9 un cambiamento sostanziale, formale e culturale; tale distinzione \u00e8 necessaria per superare l\u2019annoso pregiudizio gentiliano, che predilige le carriere liceali e accademiche rispetto ai corsi di studi professionali. Il Rapporto prende atto anche del problema della dispersione dell\u2019offerta formativa sul territorio nazionale proponendo di ampliare e meglio articolare la rete di attori, troppo a lungo \u201cpresidiata da soggetti istituzionali erogatori di una formazione sterile, slegata dalle reali esigenze aziendali e tanto meno pensata sui bisogni singoli.\u201d<\/p>\n

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INTERVISTA A GIUSEPPE DE RITA 1a Parte (a cura di Isfol – www.isfol.it)<\/p>\n

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INTERVISTA A GIUSEPPE DE RITA 2a Parte (a cura di Isfol – www.isfol.it)<\/p>\n

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INTERVISTA A GIUSEPPE DE RITA 3a Parte (a cura di Isfol – www.isfol.it)<\/p>\n

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