{"id":1603,"date":"2009-11-29T17:18:54","date_gmt":"2009-11-29T16:18:54","guid":{"rendered":"https:\/\/www.professioneformatore.it\/?p=1603"},"modified":"2016-01-02T02:10:58","modified_gmt":"2016-01-02T01:10:58","slug":"il-formatore-spunti-di-riflessione-per-una-definizione-del-profilo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/www.professioneformatore.it\/il-formatore-spunti-di-riflessione-per-una-definizione-del-profilo\/","title":{"rendered":"Il formatore: spunti di riflessione per una definizione del profilo"},"content":{"rendered":"
Chi \u00e8 il formatore? Sar\u00e0 l’et\u00e0, ma le parole devono pur avere un senso, e quando questo senso non si riesce a ritrovare a volte si sente il bisogno di ripartire dai fondamentali, perch\u00e9 una sensazione di smarrimento ogni tanto ci assale, nonostante si appartenga ad una comunit\u00e0 di pratica in cui le condivisioni dovrebbero produrre vicinanze, insiemi, ibridazioni, non MoNadismo.<\/p>\n Allora, riprendendo la domanda iniziale, mi ritorna l’eco dei miei primi passi nella formazione \u2013 parlo di trenta anni fa \u2013 in cui si sottolineava la distinzione tra formazione e addestramento.<\/p>\n <\/p>\n Render destri significa rendere abili, esperti, rendere qualcuno capace di usare una tecnica, una macchina, significa creare condizioni standard di azione, in un modello di tipo skinneriano che va poco oltre lo schema S-R.<\/p>\n Noi \u201cgiovani leoni\u201d della formazione sottolineavamo allora una differenza tra un approccio di tipo direttivo e il modello che avevamo in mente. Ritenevamo che il modello skinneriano fosse adatto in ottica tayloristico-fordista, in cui a un dato contesto occorreva funzionalmente attrezzarsi con una risposta data.<\/p>\n <\/p>\n Poich\u00e9 la transizione verso il post.industriale si avvertiva anche in Italia in quei primi anni ’80, l’idea che ci fosse una ed una sola risposta, indipendente dal soggetto che la esercisce, in un contesto ritenuto a torto immodificabile o quanto meno statico, non sembrava la pi\u00f9 adeguata.<\/p>\n Ecco che il modello \u201crogersiano<\/em>\u201d di formatore<\/a> emergeva nella sua potenza e nella sua apparente inconsistenza contenutistica. Il formatore appariva, allora, non come colui che ha le risposte \u2013 i contenuti \u2013 ma come colui che fornisce il metodo per porre le domande giuste e per cercare le \u2013 tante \u2013 risposte possibili, restituendo dignit\u00e0 umana ai soggetti in formazione, ristrutturando le logiche deresponsabilizzanti della ricerca in atri da s\u00e9 delle risposte, in quella strutturazione che consente di compattarsi con se stesso e con il gruppo.<\/p>\n Enfasi allora sul gruppo \u2013 sull’individuo nel gruppo – ; assoluta incidentalit\u00e0 dei contenuti; insistenza sulla creazione del clima di ascolto reciproco e accettazione delle ragioni di ciascuno come precondizione perch\u00e9 si possa parlare di contenuto. Questo consideravamo \u2013 e ancora di pi\u00f9 oggi io considero – il lavoro \u2013 e la specificit\u00e0 \u2013 del formatore<\/a>.<\/p>\n
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