Salute | Professione Formatore https://www.professioneformatore.it Risorse per formatori e coach eccellenti Fri, 23 Apr 2021 07:50:38 +0000 it-IT hourly 1 https://wordpress.org/?v=5.7.12 Yoga: la tecnica per ottenere benessere in poche e semplici mosse https://www.professioneformatore.it/yoga-la-tecnica-per-ottenere-benessere-in-poche-e-semplici-mosse/ https://www.professioneformatore.it/yoga-la-tecnica-per-ottenere-benessere-in-poche-e-semplici-mosse/#respond Thu, 08 Sep 2016 07:00:14 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=22663 Desideri dimagrire senza sforzo e divertendoti? Vuoi liberarti definitivamente dallo stress e liberarti delle frustrazioni della vita quotidiana in modo semplice ed efficace? Ti piacerebbe ottenere il corpo che hai sempre sognato evitando pesanti e noiosi esercizi in palestra? Tutto questo è oggi possibile! Lascia che ti racconti la mia storia d’amore con lo yoga… […]

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Desideri dimagrire senza sforzo e divertendoti?

Vuoi liberarti definitivamente dallo stress e liberarti delle frustrazioni della vita quotidiana in modo semplice ed efficace?

Ti piacerebbe ottenere il corpo che hai sempre sognato evitando pesanti e noiosi esercizi in palestra?

Tutto questo è oggi possibile!

Lascia che ti racconti la mia storia d’amore con lo yoga

Quando ho sentito la parola yoga per la prima volta, ho pensato subito ad una nuova tecnica per imparare ad usare al meglio le bacchette nei ristoranti giapponesi, ma quando i miei colleghi mi hanno coinvolto nella prima lezione di yoga, di ristoranti giapponesi non ne ho vista neanche l’ombra.

Il primo contatto con lo yoga

Come prima cosa, ci siamo incontrati all’ingresso di un edificio ed ho notato subito che il mio abbigliamento era completamente diverso dal loro, per cui ho cominciato a pormi qualche domanda.

Hanno chiarito subito che si trattava di una disciplina meditativa in realtà.

“Disciplina meditativa? Io non sono proprio fanatica di queste nuove mode new age”, ho detto.

Ma li ho seguiti ugualmente all’interno. La sala dove stava per tenersi la lezione, era enorme. Il parquet lucido e di un colore non troppo scuro.

Ero stupefatta, perché a quel punto, mi aspettavo una di quelle palestre sporche e maleodoranti con bilancieri lasciati ovunque, a creare ostacoli, invece c’era un forte odore di gelsomino.

L’imbarazzo iniziale

Devo ammetterlo, ero agitatissima. Non avevo mai sentito parlare dello yoga, volevo solo mangiare del sushi ed invece, mi ritrovavo in una situazione assolutamente imbarazzante.

Ero già mortificata, perché sapevo che mi sarei resa ridicola e facile oggetto di scherno per gli altri. Non avevo una preparazione atletica ottimale, il massimo dell’esercizio fisico che svolgevo all’epoca, era tirare fuori il portatile dalla borsa appena arrivata in ufficio.

Essendo un soggetto fortemente ansioso, mi guardavo freneticamente intorno cercando la via di fuga meno evidente. Sono rimasta immobile per circa cinque minuti, sperando di diventare invisibile, ma poi una delle mie colleghe ha chiamato il mio nome.

L’ho guardata e lei, seduta a terra con un sorriso molto sereno, ha battuto la mano sul tappetino verde che giaceva accanto a lei, invitandomi a sedere. I miei occhi hanno scrutato la sala ancora una volta e allora ho preso un profondo respiro.

Sentire i benefici fin dal primo respiro

Quando ho inalato quell’intensa fragranza di gelsomino misto a camomilla, ho iniziato a rilassarmi senza capirne il reale motivo.

Sentivo di essere in pace, in ogni caso, e l’ansia l’ho dimenticata per un attimo. Ho preso goffamente posto sul tappetino ed ho notato che non era così scomodo come mi era apparso solo qualche istante prima.

Tutti avevano le gambe incrociate ed io, sentendomi estremamente disadattata, ho provveduto immediatamente ad imitarli.

L’insegnante ha salutato la classe con un sorriso abbagliante.

Non ho potuto fare a meno di constatare quanto pacato fosse il suo tono di voce, risultava quasi materno. Uno di quei toni che non ti fanno mai pensare al peggio ed era strano, perché io ero sul punto di crollare.

L’istruttrice ci ha chiesto di cominciare con un saluto al sole. Che diamine è questo saluto al sole, mi sono domandata. L’istinto di andare via stava per prendere il sopravvento, ma lei si è spostata ed è venuta a posizionarsi di fronte a me.

Il momento in cui lo yoga ha cambiato tutto

Non avevo scampo, lei era lì con le braccia alzate ed il suo sguardo pareva chiedermi di imitarla. L’ho fatto, ho rivolto le braccia in alto.

Lei ha sorriso di nuovo ed ha preso un respiro lungo prima di ricacciare fuori l’aria. Ho seguito il suo esempio e mi sono accorta prontamente, che l’ansia era scivolata via del tutto.

L’ho capito perché, nel momento in cui ho aperto la bocca per gettare fuori l’aria, ho sorriso. Proprio come mi aveva sorriso lei in precedenza, con serenità. A quel punto, ho percepito il vero senso di quel momento.

Non importava quanto sarei risultata inadeguata e legnosa, importava solo la sensazione. Ed io mi sentivo benissimo.

Pensaci, quanti possono genuinamente dire di sentirsi bene?

E allora ho continuato, perché ad ogni lezione, riscontravo enormi benefici fisici e spirituali. Stavo bene con me stessa, stavo bene con gli altri.

Gli effetti positivi dello yoga oggi

Da quella prima lezione, ho cominciato a documentarmi, ad interessarmi, a cercare di imparare al meglio le tecniche ed i movimenti.

Il risultato, a distanza di pochissimi mesi, è stupefacente. L’ansia che accompagnava ogni mio passo, è ormai un lontano, lontanissimo ricordo. Gli effetti positivi non passano inosservati, sono una persona completamente diversa.

Il mio corpo si è totalmente modificato, modellato, scolpito senza enormi sforzi. La mia solarità è notata da tutti.

Non posso fare a meno di pensare a quanti anni ho sprecato tra diete apparentemente miracolose ed ore di sofferenza in palestra. Per non parlare delle sedute di psicoterapia per cercare di risolvere il mio problema. Nulla. Tutto inutile.

Tornavo sempre a casa dolorante, nauseata dal tanfo di sudore della palestra ed estremamente insoddisfatta, sentivo di aver perso solo tempo.

Ora invece sorrido, sono felice!

 

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Coping: reazioni allo Stress https://www.professioneformatore.it/coping-le-reazioni-allo-stress/ https://www.professioneformatore.it/coping-le-reazioni-allo-stress/#respond Mon, 02 May 2016 05:00:17 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=21958 Come reagisci allo stress? Sai che cos’è il coping? Qual è il tuo stile di coping? Lazarus e Folkman (1991) hanno definito il coping come quell’insieme degli sforzi cognitivi e comportamentali, che vengono messi in atto per far fronte e gestire le richieste provenienti dall’ambiente esterno in base alle risorse possedute. Il coping è un processo […]

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Come reagisci allo stress?

Sai che cos’è il coping?

Qual è il tuo stile di coping?

Lazarus e Folkman (1991) hanno definito il coping come quell’insieme degli sforzi cognitivi e comportamentali, che vengono messi in atto per far fronte e gestire le richieste provenienti dall’ambiente esterno in base alle risorse possedute.

Il coping è un processo di natura dinamico, poiché varia in funzione degli stressors ambientali e delle proprie risorse, vi è quindi una rivalutazione degli stimoli ambientali e di quelli interni al fine di mantenere l’equilibrio.

Come si valuta il coping?

Instabilità del coping

Schwarzer (1996) ha sottolineato che vi è un problema ad esso relativo che è quello dell’instabilità delle strategie di coping poiché come ora visto, esso dipende di volta in volta dalle diverse circostanze e dalle possibilità reali che ha in quel momento la persona di utilizzare.

L’individuo reagisce allo stress mediante aspetti cognitivo-comportamentali, quindi le risposte si modificano col cambiare delle diverse situazioni.

Il soggetto tende a reagire allo stesso modo a stressors diversi?

E la sua reazione ad uno stesso stressor è sempre la medesima? Oppure è solo una comodità di studio definire uno stile di coping stabile per ciascun soggetto, si è portati a pensare in maniera implicita che le persone abbiano una propria modalità di coping prediletta.

Un altro problema relativo alla misurazione del coping è quello della generalità, la persona reagisce allo stesso modo a stressors diversi, poiché adotta un modello comportamentale stereotipato? E come fare a valutare le diverse situazioni con lo scorrere del tempo?

In verità, è più probabile che ogni singolo soggetto reagisca in un modo specifico per ciascuna situazione. Esistono dunque numerosissime risposte alle varie situazioni stressanti. I ricercatori le hanno catalogate per macro categorie.

Gli studiosi hanno individuato un coping di natura strumentale, in quanto vigilante relativo al piano cognitivo ed uno di natura emotivo spesso volto ad evitare lo stressor.

Suls e Fletcher (1985) sostengono che il primo tipo risulti maggiormente efficace nel lungo periodo e che il secondo sia più adattivo nel breve tempo.

Lazarus e Folkman ritengono che in un caso si tratti di coping centrato sulla risoluzione del problema e che nell’altro ci sia una focalizzazione sulle emozioni. Quello incentrato sulla risoluzione del problema induce a compiere delle azioni, per modificare il rapporto persona-ambiente.

Anche Brandstädter (1992) ha individuato due principali tipi di coping: assimilativo e accomodativo, secondo l’autore quello assimilativo ha come scopo il cambiamento dell’ambiente, per adattarlo a sé, il secondo talvolta può far sì che la persona modifichi faticosamente sé per adattarsi all’ambiente.

Ecco perché Rothbaum ha connesso questi tipi di coping rispettivamente ai concetti di controllo primario e controllo secondario. Secondo lui questi tipi di coping in realtà spesso si susseguono senza escludersi vicendevolmente.

Diverso è il pensiero di Klauer (1989) che individua tre fattori che incidono sulla strategia di coping finale:

  • Dove è diretta l’attenzione
  • La rete sociale del soggetto
  • La risposta allo stressor si esprime con un comportamento manifesto oppure attraverso le reazioni intrapsichiche

Le varie combinazioni di questi diversi fattori danno luogo a otto diverse strategie di coping.

La Canadian Mental Health Association invece ha individuato tre differenti stili di coping:

  • task-oriented: è caratteristico dei soggetti che tendono ad analizzare la situazione e ad affrontarla in maniera diretta
  • emotion-oriented: caratterizza quelle persone che affrontano, invece della situazione, le proprie reazioni emotive e cercano anche un supporto sociale
  • distraction-oriented: è propria di coloro che si immergono nel lavoro, nelle attività, che fanno altro, per distrarsi dalla situazione stressante

In pratica, ciascun essere umano ne ha uno che lo caratterizza, pur tuttavia, potendone comunque adottare un altro o più di uno alla volta in determinate circostanze ed in tempi diversi.

Come leggere il fattore tempo nel coping?

La risposta è stata fornita da due studiosi, Beehr e McGrath, che hanno individuato cinque livelli temporali di coping, in base al fatto che il coping venga agito prima dell’evento stressante oppure successivamente ad esso.

5 livelli temporali di coping di reazione:

  1. preventivo: prima che l’evento stressante si possa verificare
  2. anticipatorio: quando l’evento è prossimo a verificarsi
  3. dinamico: mentre l’evento si verifica
  4. reattivo: dopo che l’evento si è verificato
  5. residuale: a distanza di tempo dal verificarsi dell’evento, per contrastare gli effetti a lungo termine

Strumenti di valutazione del coping

Secondo la Miller lo stile cognitivo di coping è soltanto una delle dimensioni fondamentali del coping. Le persone quando sono sotto stress, possono o focalizzarsi sulla minaccia, cercano informazioni per capire gli scenari possibili; oppure quelli che evitano la situazione.

La Miller ha definito questi due stili come monitoring e come blunting. La Miller (1987) ha creato una scala, la Behavioral Style Scale (MBSS) che valuta quattro ipotetiche situazioni, due sono relative al pericolo fisico e due invece sono relative ai pericoli psichici.

Per ciascuna delle quattro situazioni di pericolo presentata sono previste otto diverse strategie di coping, in particolare quattro di tipo di monitoraggio e quattro di tipo evitante. Il limite della scala è quello di poter misurare soltanto situazioni in cui si genera ansia e manca invece di altri tipi di stressors.

Krohne (1992) ha sviluppato il Mainz Coping Inventory (MCI), a partire dal test elaborato dalla Miller, ha previsto otto ipotetiche situazioni di minaccia, quattro fisiche e quattro psiche; per ciascuna situazione di pericolo ha previsto diciotto risposte di coping, che riflettono per metà la vigilanza cognitiva e per l’altra metà l’evitamento emotivo.

Tipiche risposte di coping date in media al test MCI:

  • vengono associati precedenti ricordi negativi
  • auto- compassione
  • ricerca di informazioni
  • confronto sociale sul problema
  • progettazione
  • fughe
  • anticipazione di eventi negativi
  • tentativi di tenere sotto controllo la situazione
  • banalizzazione
  • distrazione
  • ricerca degli aspetti positivi
  • negazione dell’evento stressante

Feifel e Strack (1989) hanno condotto un’indagine su un campione di anziani, studiando le loro strategie di coping nei riguardi delle reali circostanze della loro vita, secondo criteri di risoluzione dei problemi, evitamento e rinuncia.

Dall’analisi delle risposte degli anziani hanno individuato 70 tipi di coping differenti, poi li hanno ridotti a 28 e poi li hanno risomministrati ad un altro campione di anziani.

Il test prevedeva cinque aree di conflitto:

  • prendere decisioni
  • sconfitta in una competizione
  • una situazione frustrante
  • difficoltà con un’autorità
  • disaccordo con i colleghi

Vi è anche il BRIEF COPE di Carver (1997) ha ideato questo strumento col fine di valutare le più sottili differenze individuali nelle strategie di coping e comunque risulta riduttivo per comprendere l’intera gamma di possibilità di reazioni umane agli stressors nelle diverse circostanze di vita e situazioni stressanti.

E tu, ti riconosci uno stile di coping in particolare, per reagire agli eventi stressanti?

 

 

 

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Metabolismo: 7 colori influenzano la percezione del cibo https://www.professioneformatore.it/metabolismo-come-i-7-colori-influenzano-la-percezione-del-cibo/ https://www.professioneformatore.it/metabolismo-come-i-7-colori-influenzano-la-percezione-del-cibo/#respond Tue, 05 Apr 2016 05:00:35 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=22071 Ti sei mai chiesto perché in alcuni giorni hai più appetito del solito e in altri meno? Conosci l’influenza dei processi percettivi sul metabolismo? E perché sei attratto da alcuni piatti in particolare? Forse dietro a questa causa alimentare che può passare inosservata, si nasconde una semplice risposta: si è scoperto infatti, in che modo […]

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Ti sei mai chiesto perché in alcuni giorni hai più appetito del solito e in altri meno?

Conosci l’influenza dei processi percettivi sul metabolismo?

E perché sei attratto da alcuni piatti in particolare?

Forse dietro a questa causa alimentare che può passare inosservata, si nasconde una semplice risposta: si è scoperto infatti, in che modo e in che percentuale, i colori possono influenzare la percezione del cibo e dell’appetibilità di un piatto.

Questa teoria attualmente è molto impiegata nel settore dell’enogastronomia che sfrutta a pieno la forza evocativa cromatica di una pietanza, applicata alla percezione del gusto dove l’impatto emozionale gioca forte: “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”.

Su questa linea di pensiero, viaggiano anche la Cromoterapia e lo Yoga, secondo i quali i colori posseggono vibrazioni energetiche specifiche che agiscono a livello inconscio, influenzando il metabolismo, il senso di fame e l’umore.

Varie studi ed esperimenti messi a punto dall’Università di Milano – Bicocca hanno dimostrato che esiste la correlazione fra colore-cibo anche in rapporto all’appetibilità di un piatto, basandosi sul metodo del Confronto a coppie di Thurstone, per verificare le scale di preferenza dei soggetti e compararne le differenze di genere.

A tale scopo è stato fornito un test ad un gruppo di individui campioni, in cui si chiedeva di scegliere una coppia preferita di cibo fra quelli presentati; l’immagine del cibo raffigurato era sempre lo stesso ma variava la presentazione, tramite un fondo di colore diverso.

A fine esperimento i risultati hanno confermato che gli uomini preferiscono il colore nero, mentre le donne prediligono il colore rosso e bianco.

Cosa celano a livello inconscio questi colori? Cosa vogliono comunicarci?

In questo caso ci è molto utile la Psicologia dei colori, ovvero la scienza secondo la quale i colori in rapporto all’individuo, trasmettono effetti psicologici ed emotivi variabile da persona a persona; così come proviamo in maniera spontanea attrazione o repulsione verso un determinato colore.

A tale scopo per chi desidera può approfondire l’argomento leggendo il libro “Il test dei colori di Max Luscher” determinante sullo sviluppo della propria personalità.

In che modo le nostre scelte cromatiche, possano determinare chi siamo? Vediamo in che modo i colori  “comunicano” con noi a livello inconscio.

L’influenza del rosso

Universalmente è conosciuto come il colore dell’energia, della passione e della sensualità. In alcuni studi è stato scientificamente provato che stimola l’appetito (infatti non è un caso che alcune confezioni di marchi famosi sono rosse e fanno leva sull’acquisto del prodotto alimentare) e che una tavola addobbata di rosso, permette di digerire e assimilare al meglio il cibo. Per alcuni ricercatori svizzeri invece il rosso è associato al divieto, e in alcuni casi, esso può agire sul senso di fame misurata, senza eccessi, controllando il consumi di alcolici e alimenti.

Nella cromocucina, di ispirazione Yoga, i cibi rossi quali i mirtilli, arance rosse, ciliegie, melograno, prugne, pomodori, fragole, rape rosse, peperoni rossi, cipolle rosse ecc. hanno molte proprietà antiossidanti ed energizzanti e sono consigliati per abbassare il rischio di tumori genitali, per abbassare la pressione sanguigna ed il colesterolo, e stimolare il sistema nervoso.

L’influenza dell’arancio

L’arancione è considerato dalle teorie orientali, il colore del sole, in quanto stimola a livello inconscio l’entusiasmo, la sinergia fisica e mentale, la felicità, la creatività, il fascino e il buonumore. Come stimolo percettivo induce al senso di appetito misurato e il senso di convivialità, il mangiare insieme a …

Fra i cibi di colore arancio segnaliamo le arance, pesche, albicocche, zucca, nespole,  mandarini, melone, carote, mango, papaya ecc. questi contengono i beta-carotene che ne dà il colore e numerose sostanze quali la Vitamina C che riducono il rischio di cancro, aumentano il colesterolo buono LDL, il collagene utile per la salute delle ossa, e aiutano a combattere i radicali liberi, cause di molte malattie e sono degli ottimi antinfiammatori.

L’influenza del colore giallo

Gli stimoli che esercita il colore giallo sull’uomo sono associati al piacere, all’allegria, allo sviluppo celebrale, all’energia psicofisica e in rapporto al cibo, invita al benessere, aumenta la golosità, al mangiare senza sforzo e induce il senso di sazietà.

In questa categoria rientrano i limoni, fichi gialli, ananas, pomodori gialli, peperoni gialli, mais, melone giallo, banane ecc questi alimenti presentano molte sostanze disintossicanti, contengono betacarotene, e presentano le nobili vitamine A, B e C. Fanno bene all’apparato gastro-intestinale, al cuore, sistema immunitario, rafforza il sistema nervoso, e aiutano la pelle.

L’influenza del colore verde

In generale è il colore associato alla natura e alla vita, alla freschezza, all’armonia con il prossimo, speranza, pace, equilibrio, favorisce la calma e la concentrazione. A livello incosnscio, i cibi verdi sono dei buoni sedativi per il sistema nervoso, aiuta a combattere il cattivo uomore e rallenta la capacità di assumere pasti velocemente, sollecitando un senso di fame meditativo.

Rientrano le verdure in lina generale, quali: broccoli, carciofi, asparagi, fagiolini, insalata, zucchine, odori tra cui sedano, prezzemolo, basilico, kiwi, pere, lime ecc

Questi cibi contengono molte sostanze benefiche, importantissime le fibre, l’acido folico, Vitamina C, beta-carotene che riducono il rischio di cancro, regolarizzano le funzioni digestive, incidono sul colesterolo buono LDL, e abbassano la pressione sanguigna.

L’influenza del colore blu-viola

L’accostamento dei colori blu-viola in genere sono associati alla calma, alla meditazione, introspezione, e favoriscono la diplomazia. I cibi di questo colore comunicano a livello inconscio il senso di tranquillità e agiscono come antidoti alla fame nervosa. La spegazione sta nel fatto che a livello di cibo risultano essere meno appetitose, e che in antichità l’uomo asociava il concetto di blu agli alimenti velenosi.

Presentare un piatto sui colori blu-viola può indurre il senso di apatia o perdita di appetito.

Gli alimenti quali i melanzane, prugne, more, mirtilli, ribes, more,uva, uvetta, cavolo rosso, carote viola ecc sono alimenti ricchi di fibra e di carotenoidi, alleati contro i tumori, prevengono le patologie cardiovascolari, l’invecchiamento cellulare.

L’influenza del colore nero

A livello emozionale e percettivo, il nero comunica eros, associato all’eleganza, al mistero, alla formalità; tendenzialmente lo si associa alla negatività, l’assenza di luce, all’aggressività al rifiuto ma nonostante ciò è il massimo della raffinatezza. A livello inconscio ci spinge alla fame, ci tenta golosamente e quasi in assenza di altri, comunicando un vero e proprio senso di evasione.

Sono di questo genere il cioccolato fondente, il caffè, il pepe nero, riso nero, soja, semi di papavero, fagioli, fichi ecc. Non è raro trovare cibi neri, soprattutto in oriente che tramandano da sempre l’utilizzo del thè nero, potente antiossidante, previene il cancro, ed è un’ottimo alleato per i reni.

L’influenza del colore bianco

Il bianco è il colore che trasmette per antonomasia, la purezza, la libertà, la pace, sincerità. E’ l’unione di tutti i colori del prisma che compongono la luce. Questo colore induce al pensiero dei cibi sani e leggeri  “light” (gli spot pubblicitari puntano su questo colore) che ci aiutano a mantenere la linea, e a bruciare i grassi, forse per questo che le donne ne sono attratte in quantità maggiore rispetto agli uomini.

Possiamo includere in questa categoria:  finocchi, rape, pere bianche, banane, zenzero, funghi, porri, fagioli, yogurt bianco, formaggi cremosi, cipolle, aglio, scalogno…

Questi alimenti contengono nutrienti come il beta-glucani, EGCG, SDG, e lignani che potenziano il sistema immunitario, inoltre riducono il rischio di colonpatie e della prostata, e controllano il bilanciamento dei livelli ormonali nel sangue.

Secondo il parere di esperti in materia, la percezione positiva o negativa dei colori sul cibo può influenzare in modo drastico la scelta di un determinato prodotto agroalimentare, procurando delle sensazioni gradevoli o spiacevoli. In alcuni casi è proprio l’organismo a scegliere per noi, nel senso che, può venire meno una vitamina o sostanza specifica nella nostra dieta che il nostro apparato si attiva per richiamarlo, attraverso i nostri sensi; il gusto è il principale mezzo su cui lavora.

In base all’esperimento suggerito dall’Università di Milano – Bicocca, che ha indagato mediante un test, in che modo i colori dei cibi presentati possano influire sul grado di appetibilità ha rivelato la differenza di genere maschile e femminile nel rapportarsi all’esperienza sensoriale del mangiare. Si traduce che i colori caldi (rosso-arancio) sono i preferiti dalle donne, in quanto accendono il desiderio di mangiare (alimenti grassi) e per “pentimento” a livello inconscio, passano poi al bianco (poveri di grassi) mentre gli uomini esprimono la preferenza nei colori freddi (blu-viola) tendenzialmente moderati a tavola, e al nero, percepito come un desiderio proibito da godere.

In sintesi: non si può sopravvivere senza colori!

 

 

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6 Passi per raggiungere il tuo benessere personale https://www.professioneformatore.it/benessere-personale-come-ottenerlo-in-6-mosse/ https://www.professioneformatore.it/benessere-personale-come-ottenerlo-in-6-mosse/#respond Tue, 29 Mar 2016 05:00:00 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=22085 Quante volte ti sei sentito sopraffatto dallo stress e travolto dai ritmi infernali della vita moderna? In quei momenti ti è parso impossibile vivere un’esistenza serena, in pace con se stessi e con gli altri. Invece, vivere bene è possibile. Sai che per farlo non è necessario avere un ricco conto in banca, una bella […]

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Quante volte ti sei sentito sopraffatto dallo stress e travolto dai ritmi infernali della vita moderna?

In quei momenti ti è parso impossibile vivere un’esistenza serena, in pace con se stessi e con gli altri.

Invece, vivere bene è possibile.

Sai che per farlo non è necessario avere un ricco conto in banca, una bella macchina, o un lavoro sicuro, piuttosto può essere utile curare quotidianamente alcuni aspetti della tua vita?

Nell’articolo che stai per leggere troverai 6 consigli che ti permetteranno di compiere un passo importante per conquistare la serenità che cerchi ed incrementare il tuo benessere personale.

E’ una ricerca che deve partire da te stesso.

Chiediti: “Cosa significa, per me, vivere bene?”. La risposta a questa domanda sarà un elenco di attività, interessi, modi di essere che si arricchirà di giorno in giorno.

Benessere personale: ecco 6 elementi che connotano un’esistenza piena

1) Essere produttivo ti gratifica

È difficile essere felice se non sei produttivo, se la tua mente non è impegnata in un’attività utile per te e per gli altri.

Il riposo è importante. Ma la vita non può essere solo riposo e inattività.

Le pause servono soprattutto per fare un pieno di energia in vista di un nuovo impegno.

Lavorare ci fa sentire attivi, vivi.

Lo psicologo Martin Seligman – fondatore della psicologia positiva, una disciplina incentrata sul miglioramento del proprio benessere personale indica anche il lavoro tra le fonti di soddisfazione.

È proprio così. Quando riesci a portare a termine un compito che ti è stato assegnato provi un senso di gratificazione per il fatto che, in ciò che hai realizzato, c’è il tuo ingegno, ossia una parte di te.

2) L’amicizia aumenta il tuo benessere personale

L’amicizia è una delle forme più efficaci di supporto morale e spirituale e per questo va continuamente coltivata e sviluppata. I suoi benefici sono straordinari.

Gli amici sono quelle persone meravigliose che sanno tutto di te – pregi, difetti, modi di essere, gusti personali – e che ti amano per come sei.

Gli amici sono quelle persone che condividono con te i momenti belli e quelli brutti, che ti capiscono semplicemente guardandoti negli occhi.

Una ricerca condotta in Inghilterra dall’autorevole National Child Development Study conferma che la felicità e il benessere personale dipendono anche dalla possibilità di contare su un’ampia rete di rapporti amicali, soprattutto dopo i 40 anni, un periodo della vita nel quale i legami personali sono caratterizzati da maggiore maturità.

3) La cultura ha effetti positivi sul tuo benessere personale

Accrescere le proprie conoscenze è meraviglioso.

Leggere, visitare musei, viaggiare ti consente di aprire tante finestre sul mondo, non solo quello che ti circonda ma anche quello interiore, che si trova dentro di te.

Quando scopro qualcosa che prima non conoscevo, provo un delizioso senso di benessere. Mi sento più ricco. Penso che sia così per tutti.

Le storie raccontate da uno scrittore o i luoghi che visiti ti permettono di ampliare i tuoi orizzonti e di scoprire qualcosa di nuovo anche su te stesso.

In effetti, molte ricerche scientifiche confermano gli effetti positivi sul benessere personale derivanti dalla fruizione di attività culturali.

In particolare, uno studio durato ben 14 anni, condotto in Svezia, dimostra che la partecipazione a eventi di carattere culturale riduce significativamente il rischio di mortalità.

4) La spiritualità aiuta a migliorare la tua consapevolezza

La tua vita non può ridursi all’inseguimento di beni materiali. Non può e non deve essere così povera.

La spiritualità non coincide solo con il senso religioso ma altresì con la cura della tua vita intellettuale e affettiva.

Vuol dire, in ultima analisi, riflettere sul rapporto con il trascendente ma anche con te stesso e con gli altri e sui valori che orientano le scelte e i comportamenti quotidiani.

Questa riflessione, se condotta in maniera profonda, ti porterà inevitabilmente alla consapevolezza dell’esistenza di un filo comune che unisce tutti, a prescindere da dove viviamo, dalle abitudini e dalle culture di appartenenza, e dunque della necessità di fare del bene agli altri per far star bene anche noi stessi.

5) Fare le cose che ti procurano piacere accresce il tuo benessere 

Fare ciò che ti da’ piacere accresce il tuo benessere personale, migliorando la tua vita.

Fare jogging, leggere un libro, ascoltare musica, cenare con gli amici. Sono tante le attività che possono appagarti e arrecarti soddisfazione.

Gli effetti benefici delle attività ricreative sul tuo benessere personale sono confermate anche da uno studio condotto nel 2009 dall’American Academy Neurology di Seattle, dal quale risulta che le persone in età adulta che si dedicano ogni giorno alla lettura, ad attività artistiche – più in generale, ai cc.dd. hobby creativi vedono ridursi il rischio di perdere la memoria in una percentuale che va dal 30% al 50%.

Se farai qualcosa che ti piace, se coltiverai interessi stimolanti, ti sentirai bene e il linguaggio del tuo corpo lo rivelerà a tutti attraverso la tua espressione, il tono della tua voce, il tuo modo di porgerti agli altri.

E, cosa non meno importante, miglioreranno anche i tuoi affari, perché una persona soddisfatta lavora meglio ed è più produttiva.

6) Coltivare i tuoi rapporti familiari favorisce la serenità

Quando mio padre era vivo, non passava giorno senza che facessimo una bella chiacchierata su un argomento qualsiasi. Quello era uno dei momenti più belli della mia giornata.

Mantenere vivi i rapporti familiari è fondamentale per una vita più serena. Se ci riuscirai, creerai un circolo virtuoso, in cui darai forza ai tuoi cari e loro la daranno a te.

Amare ed essere riamati e benvoluti. Non c’è carburante più potente di questo.

Maometto ha detto: “Ci sono molte virtù e molti valori, ma questo è il più grande: una persona che si prende cura di un’altra”.

 

 

 

 

 

 

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Stress: reazioni e strategie di coping https://www.professioneformatore.it/stress-e-reazioni-allo-stress/ https://www.professioneformatore.it/stress-e-reazioni-allo-stress/#respond Thu, 24 Mar 2016 06:00:14 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=21927 Sai cosa causa lo stress? Quali sono i fattori che ti provocano stress? Lo stress può essere causato da diversi fattori, ecco quali: Fattori ambientali: come ad esempio, la mancanza di un tetto quando è impossibile soddisfare i bisogni primari, la presenza un ambiente particolarmente rumoroso e/o illuminato, grossi sbalzi di temperatura, un clima sfavorevole […]

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Sai cosa causa lo stress?

Quali sono i fattori che ti provocano stress?

Lo stress può essere causato da diversi fattori, ecco quali:

  • Fattori ambientali: come ad esempio, la mancanza di un tetto quando è impossibile soddisfare i bisogni primari, la presenza un ambiente particolarmente rumoroso e/o illuminato, grossi sbalzi di temperatura, un clima sfavorevole con caldo o freddo acuto.
  • Calamità naturali.
  • Fattori fisici: abuso di sostanze, menomazioni, malesseri, perché quando c’è una malattia, tutto l’organismo, per difendersi, genera uno stato di tensione protratto che induce stress.
  • Eventi della vita: come la preparazione di una cerimonia, oppure un divorzio un pensionamento.

E quali sono i sintomi dello stress?

Sintomi dello stress

I sintomi tipici dello stress possono essere suddivisi in quattro categorie che sono: sintomi comportamentali, sintomi cognitivi, sintomi emozionali, sintomi fisici; nel dettaglio:

Stress sintomi comportamentali

  • Digrignare i denti.
  • Attitudine alla prepotenza.
  • Aumento dell’uso di alcolici.
  • Mangiare in maniera compulsiva.
  • Criticare gli altri in maniera eccessiva.
  • Inattuabilità di portare a compimento le cose.

Stress sintomi cognitivi

  • Difficoltà a pensare in maniera chiara.
  • Impossibilità di scegliere e decidere.
  • Dimenticare le cose.
  • Distrarsi facilmente.
  • Cercare continue vie di fuga.
  • Mancanza di creatività.
  • Preoccuparsi costantemente anche per cose inutili.
  • Perdita di memoria.
  • Mancanza senso dell’umorismo.

Stress sintomi emozionali

  • Piangere molto spesso apparentemente anche senza motivo.
  • Vissuto di un enorme senso di pressione sociale.
  • Continuo nervosismo.
  • Ansia.
  • Ira.
  • Mancanza di attribuzione di senso agli eventi della vita.
  • Solitudine.
  • Tensione.
  • Sentirsi sempre sul punto di esplodere.
  • Infelicità anche senza un motivo valido.
  • Sentirsi impotenti di poter cambiare le cose.
  • Essere facilmente agitati o sconvolti.

Stress sintomi fisici

  • Mal di testa (di ogni tipo).
  • Dolore di schiena.
  • Indigestione.
  • Collo e spalle tese.
  • Dolore allo stomaco.
  • Tachicardia.
  • Sudorazione eccessiva delle mani.
  • Extrasistole.
  • Agitazione ed irrequietezza.
  • Problemi di sonno (insonnia, risvegli improvvisi, difficoltà di addormentamento).
  • Stanchezza perenne.
  • Capogiri.
  • Perdita di appetito.
  • Problemi sessuali.
  • Suoni (tintinni, fischi, acufeni) nelle orecchie.

In che modo è dunque possibile reagire allo stress?

Folkman legge lo stress come una serie continua di transazioni tra persona ed ambiente, tra continue interazioni ed adattamenti. In questo modo, la persona viene vista come un agente attivo, in grado di influenzare l’impatto degli eventi stressanti.

In che modo allora una persona può influenzare l’impatto degli eventi stressanti su di sé?

La persona può adoperare strategie comportamentali, tattiche cognitive, stati emotivi; esse fanno tutte riferimento alle strategie di coping.

Che cos’è il coping?

Il processo di coping consiste in un’attività cognitiva, che procede ad una doppia valutazione della situazione: quando si verifica un evento potenzialmente portatore di stress, le persone cercano di valutarne il significato ed il suo probabile impatto sul proprio benessere.

Vi è una valutazione primaria che consiste nel giudicare quanto siano rilevanti ed imminenti il rischio e la minaccia da affrontare, vi è poi una fase di valutazione secondaria, anche se i due processi possono anche avvenire simultaneamente mediante feedback reciproci.

Nella valutazione secondaria la persona valuta cosa può eventualmente fare per affrontare il pericolo, quindi quali risorse può usare, per migliorare le probabilità di ottenere una riuscita risolutiva al problema.

Vi sono due tipologie di coping uno centrato sul problema, l’altro invece incentrato sulle proprie emozioni.

La persona attua un meccanismo definito di reappraisal, effettuando una valutazione successiva delle sue strategie di coping già usate e consistente nel valutare gli effetti delle proprie risposte allo stressor, sulla base dei cambiamenti avvenuti.

È possibile individuare le strategie di coping che una persona adotta verso gli stressors?

Ci sono diversi strumenti volti a rilevare le strategie di coping, a partire sin dagli anni Settanta.

Modalità di coping

Nel 1971, Paykel ha creato la Scale of Life, si tratta di una lista di eventi a cui egli ha attribuito un diverso grado di stress che si propone di verificare mediante le reazioni delle persone a sessantaquattro item.

Queste affermazioni riguardano varie aree della vita pubblica e privata, quali i problemi di lavoro ed economici, le perdite affettive, i trasferimenti ambientali e le relazioni familiari e sociali.

Rosembau, nel 1980, ha ideato il Self Control Schedule con l’intento di valutare la capacità di autocontrollo dell’individuo in situazioni di difficoltà o di stress. Gli item fanno riferimento:

  • All’uso di modalità autodistruttive, per fronteggiare le reazioni.
  • All’applicazione di strategie di problem solving.
  • Alla capacità di rimandare le gratificazioni.
  • Alla generale fiducia in se stessi.

Heppner (1981) è l’inventore del Problem Solving Inventory che valuta la percezione che i soggetti hanno a proposito del loro stile comportamentale in situazioni di stress e problem solving. La scala valuta quelli che sono i cinque aspetti principali del problem solving che sono:

  • Orientamento generale alla risoluzione dei problemi.
  • definizione di un problem.
  • Generazione di possibili soluzioni alternative.
  • Presa di decisione sul da farsi nei riguardi del problema.
  • Ri-valutazione.

La versione italiana del 2008, di Magni e Sica, del Coping Orientation to the Problems Experienced valuta le diverse modalità di coping attraverso quindici diverse scale distinte in tre gruppi quali:

  • Meccanismi focalizzati sul problema.
  • Meccanismi focalizzati sull’espressione emotiva.
  • Meccanismi disadattivi.

È possibile dunque attuare delle valide strategie per reagire agli stressors, tuttavia come sottolinea la scala di Sica e Magni la persona può incorrere in meccanismi disadattivi.

Queste diverse scale indicano che ci sono diversi modi di reagire a situazioni stressanti, questo è importante perché indica che tu puoi scegliere quelle strategie di coping che sono più valide contro lo stress, è possibile dunque combattere efficacemente lo stress se sai come farlo.

 

 

 

 

 

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Autostima: 5 Steps per incrementare la tua autoefficacia percepita https://www.professioneformatore.it/5-step-per-incrementare-la-tua-autostima/ https://www.professioneformatore.it/5-step-per-incrementare-la-tua-autostima/#respond Thu, 17 Mar 2016 06:00:33 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=20694 Ti sei mai chiesto qual è il tuo livello di autostima? Riusciresti a darti un buon voto? Sai cos’è l’autoefficacia percepita? Ti piacerebbe conoscere il tuo stato di autoefficacia percepita? L’autoefficacia percepita è un costrutto riguardante un processo cognitivo che è stato identificato dallo psicologo inglese Albert Bandura nel 1986. L’autoefficacia percepita riguarda una serie di […]

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Ti sei mai chiesto qual è il tuo livello di autostima?

Riusciresti a darti un buon voto?

Sai cos’è l’autoefficacia percepita?

Ti piacerebbe conoscere il tuo stato di autoefficacia percepita?

L’autoefficacia percepita è un costrutto riguardante un processo cognitivo che è stato identificato dallo psicologo inglese Albert Bandura nel 1986.

L’autoefficacia percepita riguarda una serie di percezioni soggettive rispetto a:

  • Alle proprie aspettative di ottenere un esito positivo in determinate situazioni
  • alla pregnanza emotiva del compito in questione
  • alle qualità possedute ed alle proprie abilità reali
  • alle condizioni esistenti per lo svolgimento dello specifico compito
  • ai canoni di competenza percepita a riguardo dell’esclusivo frangente

È utile conoscere che le credenze che ciascuna persona ha riguardo la propria autostima ed efficacia nella gestione dei vari eventi va ad influenzare diversi livelli cognitivi. La suggestione ricade sulle aspirazioni, sugli sforzi messi in campo per l’ottenimento del risultato desiderato sulle scelte che verranno effettuate ed infine sulla qualità della prestazione e sulla capacità di gestire lo stress.

Le convinzioni di autostima innescano differenti meccanismi in base al tipo di azione considerata di volta in volta.

Nella percezione della propria autoefficacia:

  • quando si tratta di performance elevate interviene la capacità del soggetto di gestire efficacemente le sottostanti abilità da impiegare per la più ampia attività, ciò si chiama efficacia autoregolatoria.
  • Quando si tratta delle proprie convinzioni in merito alla gestione delle emozioni, è possibile notare una correlazione negativa tra il modo in cui si crede di vivere un’emozione e la sua gestione reale.

L’autostima pone dei limiti alla scelta degli obiettivi personali raggiungibili.

Cosa influenza l’autostima?

Così, il poter verificare le proprie capacità di autovalutazione può avere degli utili effetti rispetto a cosa ci possa davvero prefissare senza autocondizionarsi in maniera negativa. Ecco perché lo stesso Bandura ritiene che le concezioni che ciascuno ha sulla propria efficacia personale debbano essere fatte rientrare nella conoscenza che si ha di se stessi.

È quindi possibile adoperare quattro fonti di informazione per la costruzione del proprio senso di autoefficacia secondo Bandura. Si tratta delle esperienze comportamentali dirette da cui attingere indicatori di capacità, delle esperienze vicarie e di modellamento, quelle in grado di alterare la convinzione di efficacia mediante la trasmissione di competenze. Vi sono poi gli stati fisiologici ed affettivi indice della propria reattività ed infine c’è la persuasione verbale che infondono l’idea di possedere determinate competenze.

Autoefficacia percepita: misurabilità

È possibile definire in maniera operativa la valutazione del senso di autoefficacia percepita mediante Scala Likert con la misura delle diverse credenze. La misurazioni delle convinzioni di efficacia si serve di vari item che riguardino dei compiti dal livello di complessità differente, ai soggetti viene richiesto di valutare il vigore della propria convinzione dell’essere in grado di saper fare o non fare alcuni compiti.

Ecco perché ciascuna convinzione è espressa da diciture come “non lo so fare” fino a giungere a “sono certo di saperlo fare”. Bandura ritiene utile raggruppare gli item per categoria. Aggiunge anche che il livello ottimale di valutazione ottenibile dipende in realtà da cosa si sta cercando di predire, quanto più è specifica la situazione tanto più lo sarà il relativo risultato.

Albert Bandura mette in guardia dal misurare solo e soltanto gli item che sono fortemente correlati fra loro, poiché se così si fa, si finisce con l’ottenere delle scale che vanno a misurare solo un piccolo segmento del senso di efficacia ed in maniera ridondante.

Dunque avere a disposizione uno schema concettuale prima della creazione vera e propria degli item può aiutare a verificare che gli item rispondano per davvero a ciò che si desidera predire mediante il test.

Una decina di anni dopo, nel 1996, Bandura continua a riflettere sull’autoefficacia percepita, egli crede infatti che sia possibile migliorare il proprio senso di autoefficacia personale.

Egli giunge a legare il suo primo modello ad una teoria dellapprendimento. L’individuo è in grado di apprendere un modello mediante videotape e/o uso di tecnologie digitali con la semplice osservazione. Quanto appreso in questa prima fase viene fatto consolidare attraverso delle applicazioni pratiche in un contesto laboratoriale, in cui ciascuno viene anche incoraggiato. La messa in pratica poi viene ripetuta in una terza ed ultima fase dove l’individuo sperimenta nella vita di tutti i giorni quanto fatto nella seconda fase.

In questo modo l’autoefficacia percepita (self-efficacy) entra di diritto a far parte della teoria dell’apprendimento sociale.

In questo modo l’autostima si lega anche al contesto sociale, Bandura estende il concetto con tre dimensioni: la generalità che costituisce il grado in cui l’autoefficacia di generalizza e può quindi spostarsi in maniera trasversale da una situazione all’altra. La forza che rappresenta il grado di certezza della propria percezione di efficacia. Il livello più o meno elevato di controllabilità di una determinata situazione.

Livelli di autostima

Molti autori si sono soffermati sullo studio dell’autostima. Essi hanno scoperto che le persone con un basso senso di autoefficacia percepita tendono ad evitare i compiti ritenuti più impegnativi, poiché li percepiscono come minacciosi. Inoltre in generale si adoperano poco per il conseguimento degli obiettivi e sono accompagnati da scarsi livelli di aspirazione. Quando devono affrontare situazioni problematiche immaginano degli esiti negativi, focalizzandosi solo sugli ostacoli e sulle proprie debolezze ingigantite.

Al contrario quei soggetti che manifestano un alto livello di autoefficacia percepita sono molto attratte dai compiti difficili che vivono come delle sfide per le proprie capacità, manifestando così alti livelli di aspirazione e mostrano molto impegno nella realizzazione degli scopi ultimi.

Autostima e sistema immunitario

Alcune ricerche hanno dimostrato che l’autostima non è implicata solamente nelle autopercezioni, ma essa ha un’influenza persino sul sistema immunitario.

Questo significa che la modificazione del livello dell’autoefficacia percepita produce cambiamenti significativi dall’umore all’impegno sino ad influire lo stato di salute.

Quindi è possibile migliorare l’autostima?

Come puoi rafforzare il tuo senso di autoefficacia percepita?

Ecco i 5 steps necessari per costruire un buon livello di autoefficacia percepita:

  • È necessario che ci sia la ricognizione dei propri punti di forza, che la persona si persuada di poter migliorare.
  • Imita quei comportamenti funzionali osservati.
  • Metti in pratica quel che hai visto
  • Osserva le tue reazioni corporee, talvolta si accompagnano all’esecuzione di un compito
  • Se hai svolto correttamente la realizzazione dell’attività, è l’ora di passare all’autoconvinzione che sai fare quella determinata cosa, prova a rifarla ed osserva come ci sia anche minore tensione fisica.

È possibile definire l’autoefficacia percepita come la volontà di scegliere un’attività piuttosto che un’altra in relazione a ciò in cui ci si sente più competenti e quindi efficaci.

Alcuni studi hanno messo in evidenza come gli atleti dotati di maggiore autoefficacia riescano a gestire autonomamente la realizzazione di obiettivi ambiziosi con capacità di anti-distrazione. Diversamente quegli atleti che dubitano di se stessi tendono a percepire gli altri atleti come più forti.

Un altro esempio pratico dell’effetto delle convinzioni di autostima riguarda il controllo del dolore ed anche la ripresa da un infortunio, il possedere autoconvinzioni positive di recupero favorisce le reali possibilità di farlo.

Scopri subito come cambia la tua vita con i giusti livelli di autostima, osserva la differenza tra quando hai un livello basso e quando invece lo trasformi in alto.

 

 

 

 

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Stress: i rischi per il tuo organismo https://www.professioneformatore.it/stress-i-suoi-pericoli/ https://www.professioneformatore.it/stress-i-suoi-pericoli/#respond Tue, 15 Mar 2016 06:00:18 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=21913 Sai che cos’è esattamente lo stress? Quali sono i fattori che compromettono il tuo benessere e ti causano stress? Sai cosa sono gli stressors e come reagisce ad essi il tuo organismo? Stress ed adattamento Lo stress è considerato una sindrome di adattamento ad una serie di sollecitazioni dette stressors. Si tratta di una sindrome fisiologica, che può presentare dei risvolti patologici, spesso […]

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Sai che cos’è esattamente lo stress?

Quali sono i fattori che compromettono il tuo benessere e ti causano stress?

Sai cosa sono gli stressors e come reagisce ad essi il tuo organismo?

Stress ed adattamento

Lo stress è considerato una sindrome di adattamento ad una serie di sollecitazioni dette stressors. Si tratta di una sindrome fisiologica, che può presentare dei risvolti patologici, spesso di natura psicosomatica. Qualunque stressor attiva delle risposte immunologiche, ormonali e neurologiche.

Le reazioni per l’adattamento hanno natura complessa, si tratta di una serie di azioni volte a ripristinare l’equilibrio omeostatico dell’organismo, in concomitanza alla reazione emotiva che il soggetto sta vivendo nei confronti dello stressor.

Può esserci un tentativo da parte del soggetto di modificare l’ambiente circostante oppure di modificare le proprie caratteristiche al fine di meglio adattarsi all’ambiente circostante. Si tratta dunque di risolvere un problema.

Come reagisce un soggetto agli stressors

Nel caso faccia freddo un soggetto può decidere di accendere i riscaldamenti, in questo caso la persona sceglie di modificare l’ambiente circostante, un altro soggetto invece nella stessa circostanza sceglie di indossare abiti più caldi, modificando quindi la propria temperatura corporea.

Quindi, ogni qualvolta si presenta uno stressor, si tratta di scegliere che comportamento adottare, sperando che risulti quanto più funzionale possibile. È dunque necessario mettere in atto, ogni volta, una strategia adattiva.

Stimoli stressanti e risorse

Ecco perché la conoscenza del tipo di stimolo, la sua eventuale gravità, la possibilità di prevederlo giocano un ruolo fondamentale per una buona strategia adattiva del soggetto, a tal fine è da valutare anche la condizione in cui si trova la persona in quel frangente e che risorse ha a disposizione per far fronte allo stressor.

L’esito positivo di un processo di adattamento proviene dal bilancio fra la natura dello stressor e le caratteristiche della persona, per tale valutazione si considerano dunque:

  • Il temperamento
  • Le condizioni socio-economiche
  • La rete sociale
  • Il livello culturale
  • Le capacità intellettive
  • Il livello di gravità dell’evento e la sua risonanza su ciascun soggetto
  • Lo stato psicofisico

Uno stesso soggetto può non essere capace di gestire uno stressor in un periodo della sua vita e può saperlo gestire in un altro periodo invece, la capacità di adattamento può cambiare in base a questa serie di condizioni ora descritte.

Selye ha definito queste possibilità come “Sindrome Generale di Adattamento”, che si verifica in risposta a stimoli fisici, come ad esempio la temperatura, in risposta a stimoli sociali come richieste dell’ambiente sociale, in risposta a sforzi mentali come ad esempio l’impegno lavorativo.

Questa Sindrome Generale di Adattamento segue tre fasi che sono:

  1. Allarme: l’organismo risponde allo stimolo stressante mediante diversi meccanismi psicofisici, si parla a tal proposito di arousal, cioè di uno stato di attivazione fisiologica.
  2. Resistenza: il corpo mette in atto un vero e proprio combattimento contro l’aggressore, cercando di contrastare gli effetti di un prolungato affaticamento, le ghiandole surrenali rilasciano ormoni.
  3. Esaurimento: l’organismo non riesce più a reagire all’attacco prolungato dell’aggressore, possono esserci conseguenze permanenti.

Caratteristiche fisiologiche dello stress

Durante la seconda fase l’asse ipofisi-ipotalamo induce le ghiandole surrenali a secernere ormoni catabolizzanti. La vasopressina (ADH) va a contrastare la costrizione dei vasi sanguigni, mentre l’ACTH provoca il rilascio del cortisolo (detto ormone dello stress) e dell’aldosterone.

Alcuni esperimenti hanno tentato di contrastare l’ormone dello stress, mediante un’integrazione alimentare di triptofano, che è il precursore della serotonina (detta ormone del benessere). Il risultato è stato fallimentare, perché solo l’1% del triptofano fa aumentare la serotonina nel cervello.

L’ormone dello stress stimola la conversione delle proteine in zuccheri (gluconeogenesi), inibendo l’azione dell’insulina, mentre l’aldosterone stimola il riassorbimento del sodio, che causa l’alcalinizzazione del sangue e l’acidificazione delle urine. Intanto il sistema ortosimpatico causa il rilascio di adrenalina e noradrenalina, che insieme causano:

  • Dilatazione muscolare
  • Aritmia
  • Pallore

Metodi di misurazione dello stress

Fornire una diagnosi di quale livello di stress sia affetta una persona è una cosa piuttosto complicata, perché la componente soggettiva di reazione agli stressors non è semplice da oggettivare.

Questionari di auto rilevazione dello stress

Ecco perché il metodo più classico, di stampo psicologico, per la misurazione dei livelli di stress prevede la compilazione di questionari volti ad indagare la presenza di fattori di stress sia passati che attuali oppure orientati a rilevare la presenza di sintomi legati allo stress.

Eucrasia

Si parla di eucrasia quando c’è un livello rilevante di stress, che il soggetto però rileva e vive come parte integrante della propria vita.

Metodi oggettivi di rilevazione dello stress

Negli ultimi decenni si sono cercate forme più oggettive di indagine dello stress.

Ecco perché si è passati dai questionari di auto rilevazione alla misurazione delle alterazioni fisiologiche di un soggetto sotto stress, queste ultime sono dovute ad un’inibizione del sistema parasimpatico ed ad una contemporanea attivazione accelerata dell’apparato simpatico.

L’attività del sistema nervoso viene misurata mediante microneurografia, attraverso cui si riesce a registrare il tipo di attività di un nervo periferico attraverso l’uso di micro elettrodi.

Un ulteriore procedimento prevede di analizzare la pressione sanguigna ed il funzionamento cardiaco, poiché frequenza cardiaca e pressoria dipendono dall’attività simpato-vagale. La questione che a questo punto ti starai ponendo è quella che queste sono tutte tecniche utilizzabili solo in laboratori.

Un altro metodo è quello di misurare il livello degli ormoni coinvolti nello stress mediante le analisi del sangue, questo consente nel tempo, di fare dei confronti e di capire quindi se la persona è stata soggetta a stress in quell’arco di tempo.

Quando lo stress è poco identificabile

Quest’ultimo metodo di indagine risulta utile, perché capita spesso, in realtà, che il disagio si esprima con modi poco identificabili.

Lo stress infatti può passare attraverso uno strano ed improvviso senso di inadeguatezza, o difficoltà ad attribuire importanza alle proprie attività quotidiane, o stanchezza eccessiva o stati di forti emozioni, od anche calvizie improvvise.

Gravi rischi connessi allo stress

Se lo stress si manifesta in questi modi, la persona interessata può non riconoscerlo e concepire così risposte fisiologiche e comportamentali disadattive, che possono degenerare in complessi quadri clinici patologici, fino a giungere ad un auto coagulazione del sangue, e causare addirittura morte.

L’importanza di proteggersi dallo stress

Ignorare di essere oltremodo stressati, può divenire fatale. Ecco perché è bene combattere costantemente lo stress e difendere da esso la propria vita ed il proprio stato di salute.

 

 

 

 

 

 

 

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Mobbizzato: quando sei vittima di Stress ingestibile https://www.professioneformatore.it/mobbizzato-troppi-stress-ingestibili/ https://www.professioneformatore.it/mobbizzato-troppi-stress-ingestibili/#respond Tue, 08 Mar 2016 06:00:12 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=21953 Sai a chi ci si riferisce con il termine mobbizzato? Il mobbizzato è la vittima del mobbing. Sai come si manifesta il mobbing? Nel mobbing si passa da una cosa semplice come quella di togliere il saluto all’altra persona, poi si passa a qualche battutina nei corridoi a scherzi di cattivo gusto ripetuti costantemente. Ci […]

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Sai a chi ci si riferisce con il termine mobbizzato?

Il mobbizzato è la vittima del mobbing.

Sai come si manifesta il mobbing?

Nel mobbing si passa da una cosa semplice come quella di togliere il saluto all’altra persona, poi si passa a qualche battutina nei corridoi a scherzi di cattivo gusto ripetuti costantemente. Ci sono forme di mobbing che prevedono l’utilizzo di molte maldicenze ai danni del mobbizzato.

Il mobbing agisce a diversi livelli con differenti modalità d’azione che spaziano da forme varie di sabotaggio sino a giungere ad azioni addirittura illegali ai danni del mobbizzato, questo perché quest’ultimo risulta per qualche ragione molto scomodo, ecco perché qualcuno vuole distruggere psicologicamente la persona.

C’è dunque qualcuno che cerca di condizionare emotivamente il mobbizzato sino a far sì che egli si dimetta, questo è una modalità di funzionamento generale, è stato infatti dimostrato che, il disarmo emotivo vissuto sul luogo di lavoro è indipendente dai tratti di personalità del mobbizzato.

Spesso il capo mobber assegna al mobbizzato compiti dequalificanti oppure, al contrario lo sovraccarica anche di lavori che non gli spetterebbero.

Eppure nella stessa azienda, lo stress vissuto dal mobbizzato gli impedisce di lavorare con un tasso di efficienza e produttività, che è inferiore al 60%.

Mobbizzato e patologie

L’azienda del mobbizzato viene colpita da un calo di produttività, il mobbizzato stesso presenta un grandissimo rischio di sviluppare gravi malattie psichiatriche, si possono verificare casi di precoce prepensionamento con danni sull’equilibrio familiare e sull’integrità psicologica del singolo soggetto oltre che sul bilancio della società.

Lo stress da mobbing comporta conseguenze grandissime sul singolo individuo e su tutti quelli che lo circondano sia sul lavoro sia a casa ed in tutta la sfera privata.

La vittima del mobbing presenta il maggior numero di problematiche psicosociali, economiche e mediche, Ege parla di malattie specifiche causate dal mobbing, poiché quest’ultimo ha ripercussioni dirette sullo stato psico-fisico della persona mobbizzata, in quanto le somatizzazioni divengono croniche.

Il mobbizzato ha il terrore di incontrare nuovamente il mobber, questo genera continui attacchi di panico, che la persona non è affatto in grado di gestire.

La vittima di mobbing perde anche la capacità di concentrazione, a causa dei forti mal di testa, dei frequenti giramenti di testa e riduzione delle capacità di memoria. Sperimenta inoltre forme di depressione.

La mole e l’intensità degli stressors subiti a lavoro è troppa, tale da mandare completamente in tilt la persona mobbizzata.

La persona vittima di mobbing si ritrova suo malgrado a vivere una grave crisi esistenziale, a causa della perdita di identità lavorativa, causa a sua volta di totale perdita di autostima e di sensi di colpa. La crisi del piano emotivo crea anche crisi sul piano relazionale, si manifestano così conflitti prima latenti.

Inoltre, alcune ricerche hanno dimostrato che capita spesso che il peso del mobbing ricada addirittura sui figli dei mobbizzati che presentano le loro stesse somatizzazioni.

Nei casi più gravi, accade che la vittima mediti il suicidio o l’omicidio.  Infatti La sovraesposizione allo stress del mobbing può portare la vittima mobbizzata a commettere reati per collera, per infrazioni, per reazioni violente o per stati improvvisi di aggressività oppure per eccessi di difesa.

La vittima risulta nel complesso particolarmente disorientata e fa davvero molta fatica oltretutto a collegare tutti questi sintomi alle violenze psicologiche subite nell’ambiente lavorativo.

Effetti perduranti del mobbing

Monateri (2000) sottolinea che la gravità degli effetti del mobbing perdura anche sino a 18 mesi oltre la fine dei maltrattamenti subiti.

Il mobbing come il branco

Il mobbing costituisce un assalto, persino gli studiosi del comportamento animale si sono pronunciati su cosa sia il mobbing, definendolo come “l’esclusione di un individuo dal suo branco“, anche i medici del lavoro considerano il mobbing una vera e propria violenza, ecco perché diviene insopportabile.

Chi è la vittima del mobbing?

Molti ricercatori si sono interrogati su quali siano i tratti distintivi di una vittima di mobbing, con scarsi risultati, infatti risultano ancora validi gli studi che ha compiuto H.Leymann negli anni Novanta, che hanno dimostrato che nessun tipo di personalità risulti maggiormente incline ad essere stressato dal mobbing.

Molti ricercatori ne sono ancora oggi allibiti, a differenza di fenomeni quali il bullismo e lo stalking, dove sono rintracciabili personalità tipiche, facilmente riconoscibili come potenziali vittime, il mobbing diversamente può succedere a chiunque, nessuno se ne salva.

Come puoi difenderti dal mobbing visto che nessuno se ne salva?

Quello che può aiutarti è riconoscerne i suoi segnali.

Come puoi fare a riconoscere i segnali del mobbing?

La sentenza 10037 del 2015 della Corte di Cassazione ha individuato sette parametri tipici del mobbing che lo configurano nel caso in cui coesistano tutti.

Ecco di seguito quali sono questi 7 parametri coinvolti nello stress vissuto dal mobbizzato a causa del danneggiamento perpetrato tramite il mobbing.

I sette parametri tipici del mobbing secondo la Corte di Cassazione:

  • Ambiente
  • Durata
  • Frequenza
  • Tipo di azioni ostili
  • Dislivello tra antagonisti
  • Andamento per fasi successive
  • Intento persecutorio

Questi parametri indicano che le vessazioni devono avvenire proprio sul luogo di lavoro per un certo periodo di tempo in maniera costante e a lungo reiterata.

Inoltre deve essere presente qualche attacco alle possibilità del mobbizzato di comunicare e di isolarlo in qualche maniera anche, possono inoltre essere presenti attacchi alla sua reputazione, minacce, cambio di mansioni.

In pratica si tratta di un conflitto mirato da parte dell’antagonista mobber sul mobbizzato di perseguitarlo a lungo ci si riferisce ad una durata di sei mesi con almeno un episodio a settimana, finché necessario, al fine di ottenere quanto voluto.

Quando è il capo ad essere il mobber si tratta proprio di un disegno premeditato.

L’autodifesa verbale

Ege (2001) ha pensato a dei corsi di formazione di autodifesa verbale da rivolgere a ciascun lavoratore, affinché gli venga insegnato come poter gestire al meglio la conflittualità della vita quotidiana; col fine di fortificare interiormente le persone e poter quindi cambiare il proprio atteggiamento col mondo.

L’autodifesa verbale va indirizzata a tutti, sia uomini, sia donne, sia persone mobbizzate, sia gli altri lavoratori. Spesso il problema, secondo l’autore nasce dal fatto che ci sia incapacità di rispondere opportunamente al contesto.

Ege spiega che l’autodifesa verbale insegna delle regole e delle strategie fondamentali per potersi difendere dagli attacchi verbali (insulti, offese, risposte brusche, battute e scherzi di cattivo gusto, rimproveri eccessivi e critiche infondate), bloccandoli in primis e poi annullandoli.

Infatti prevenire e difendersi dallo stress è molto importante.

 

 

 

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Hai già sentito parlare di mobbing?

Che cos’è il mobbing?

Il mobbing è una forma di terrore psicologico che viene esercitato sul posto di lavoro attraverso attacchi ripetuti da parte dei colleghi o dei datori di lavoro. Le forme che esso può assumere sono molteplici.

I casi di mobbing

Si è in presenza di mobbing nei casi di emarginazione, di maldicenze, di continue e ripetute critiche, nei casi di sistematica persecuzione, nei casi di assegnazione di compiti dequalificanti, nei casi di compromissione dell’immagine sociale.

I casi gravi:

I casi più gravi di mobbing prevedono il sabotaggio del lavoro ed il ricorso ad azioni illegali punibili penalmente.

Il fine del mobbing

Lo scopo del mobbing è quello di eliminare una persona che è, o è divenuta, in qualche modo scomoda, distruggendola psicologicamente e socialmente in modo da provocarne il licenziamento o da indurla alle dimissioni.

Gli studi

Le ricerche hanno infatti dimostrato che le cause del terrore psicologico sul posto di lavoro vanno ben oltre i fattori caratteriali del soggetto che subisce il mobbing.

È stato dimostrato che si fa mobbing nei riguardi di una persona, perché ci si sente surclassati da lei ingiustamente, per gelosia, per invidia, per antipatia, si tenta di costringerla a licenziarsi senza che si crei un caso sindacale.

Quando il mobbing è una vera strategia aziendale studiata

Esistono vere e proprie strategie aziendali messe in atto a questo scopo, infiniti mezzucci per portare alla disperazione ed all’esaurimento nervoso una persona, affinché si levi di torno senza doverla licenziare.

Il mobbing ha conseguenze di portata enorme: causa problemi psicologici alla vittima, che accusa disturbi psicosomatici e depressione, esso danneggia inoltre sensibilmente l’azienda stessa.

In caso di mobbing nella stessa azienda si nota un calo significativo della produttività nei reparti in cui qualcuno è mobbizzato dai colleghi.

Storia

Harald Ege (1996), psicologo del lavoro e uno dei massimi esperti di persecuzioni in ambienti di lavoro, “mobbing” (che nella traduzione letterale può significare assalire, accerchiare, avvilire, rattristare).

Ege spiega che mobbing è un termine inglese che usavano i biologi dell’800 per descrivere il comportamento degli uccelli, che per difendere il nido, volano attorno all’aggressore. Negli anni ottanta questo termine è stato ripreso nei paesi scandinavi ed applicato alle persecuzioni in azienda.

Il mobber

Infatti in alcune aziende si ricorre al “mobber“, cioè ad un capo “aggressore”, che svolga sistematicamente un’azione psicologica di terrore su un proprio subordinato, tipo quella di criticare esageratamente il minimo errore, seminare zizzania, minacciare ingiustificatamente, non gratificare i successi, con lo scopo di demoralizzarlo, per indurlo a licenziarsi.

Vi sono casi in cui il mobber esercita queste azioni di mobbing, perché il capo vede nel proprio subordinato un possibile ostacolo, in quanto considerato “concorrenziale” nel percorso carrieristico.

Il mobbizzato

In tal caso il “mobbizzato“, cioè la vittima di una persecuzione psicologica, è portato inevitabilmente a mettersi da parte, poiché “avvilito” e “rattristato” per quanto gli sta accadendo, rinunciando ad una collaborazione positiva con l’azienda.

Il mobbizzato così lascia via libera al proprio capo, cioè al mobber. Lo stress da mobbing ha assunto oramai proporzioni assai preoccupanti, tanto da indurre un gruppo di parlamentari a presentare un progetto di legge affinché venga riconosciuto come malattia professionale.

Il sindacato è da tempo mobilitato per arginare questo grave fenomeno, avvalendosi anche della collaborazione dell’Associazione italiana contro lo stress psicosociale.

Indagine

Il problema che, secondo un’indagine compiuta nei paesi dell’Unione europea, sta interessando oltre 12 milioni di lavoratori, vittime di questa forma di stress.

Esso, oltre che il singolo, tange anche le aziende, in quanto vengono a subire una minore resa produttiva.

Questo problema, è stato affrontato, ad esempio, in modo molto serio e determinato dall’Ente Nazionale per la Salute e la Sicurezza Svedese, che ha emanato delle disposizioni “antimobbing“, entrate in vigore sin dal 31 marzo 1994.

Secondo l’Ente Nazionale per La Salute e la Sicurezza Svedese le disposizioni anti mobbing vanno applicate “in tutte quelle realtà nelle quali i lavoratori possono essere oggetto di persecuzione durante il lavoro“.

Il testo integrale di questo interessante documentotradotto da Roberta Clericiè stato pubblicato nel supplemento settimanale Lavoro.it del quotidiano L’Unità del 31 agosto 1999.

Nella “Premessa” ad una Guida alle Sei Sezioni, che costituiscono le raccomandazioni in ordine all’applicazione delle disposizioni relative alle misure da adottare contro ogni forma di persecuzione sul lavoro; viene sottolineato che a monte di queste forme di persecuzione vi sono diversi tipi di carenze.

Si tratta di carenze relative all’organizzazione del lavoro o del sistema informativo interno, oppure di una gestione inadeguata del modo di lavorare, o un carico di lavoro eccessivo o, al contrario, insufficiente, carenze nella politica del personale o, ancora, il tipo di atteggiamento tenuto dal datore di lavoro nei confronti dei propri dipendenti.

Problemi organizzativi persistenti e insoluti possono causare forti tensioni mentali negative nei gruppi di lavoratori, con una diminuita capacità di tolleranza dello stress. Questo potrebbe indurre la cosiddetta mentalità del capro espiatorio e attivare comportamenti di rifiuto nei confronti dei singoli lavoratori.” Le cause dei problemi vanno ricercate nelle condizioni di lavoro reali, soprattutto nel caso in cui più persone, singolarmente, sono state oggetto per un lungo periodo di vari tipi di persecuzione psicologica….”.

La Guida elaborata dall’Ente nazionale svedese, come si è detto, affronta le tematiche delle Sei Sezioni.

Le Sei Sezioni sono così suddivise:

Sezione 1: definizioni

Le forme di persecuzione esercitata sul lavoratore, possono essere determinate da vari comportamentiquali la pressione psicologica, la crudeltà mentale, l’isolamento sociale e le molestie, tra cui quelle sessuali“.

Si tratta di problemi che riguardano, con sempre maggiore frequenza, la vita lavorativa e complessivamente rientrano nel termine di violenza o persecuzione.

Sono problemi molto seri con effetti gravi e dannosi, sia sul singolo lavoratore e sia sul gruppo di lavoro quando non valutati e gestiti in tempo.

Il mobbing può tradursi in stati patologici, mentali e fisici, che a volte possono diventare cronici, e sfociare addirittura in un rifiuto della vita lavorativa e persino dell’intera collettività dell’ambiente lavorativo.

Forme più ricorrenti di persecuzione psicologica, come esempio di mobbing:

  • Calunniare
  • Diffamare un lavoratore, oppure la sua famiglia
  • Negare deliberatamente informazioni relative al lavoro
  • Fornire informazioni non corrette
  • Sabotare o impedire in maniera deliberata l’esecuzione del lavoro
  • Escludere in modo offensivo il lavoratore
  • Boicottare o disprezzare il lavoratore
  • Esercitare minacce,
  • Intimorire o avvilire la persona, come nel caso di molestie sessuali
  • Insultare
  • Fare critiche esagerate
  • Assumere atteggiamenti o reazioni ostili in modo deliberato
  • Controllare l’operato del lavoratore senza che lo sappia e con l’intento di danneggiarlo
  • Applicare sanzioni penali amministrative ad un singolo lavoratore senza motivo apparente e senza dare spiegazioni e senza tentare di risolvere insieme il problemaEsempi di misure di ordine generale che il datore di lavoro può adottare per prevenire le forme di persecuzione nei luoghi di lavoro:

Sezione 2: misure di ordine generale per prevenire qualsiasi forma di persecuzione psicologica

  • elaborare una politica ad hoc per l’ambiente di lavoro che, tra l’altro, illustri le intenzioni, gli obiettivi e l’atteggiamento di ordine generale nei confronti dei propri dipendenti.
  • elaborare delle procedure che garantiscano condizioni psicologiche e sociali nei luoghi di lavoro le migliori possibili, anche per quanto concerne la situazione lavorativa e l’organizzazione del lavoro.
  • adottare misure per impedire che si manifestino reazioni negative sul lavoro, ad esempio elaborando delle regole che incoraggino un clima di rispetto e di amicizia nel luogo di lavoro.

Sono soprattutto il datore di lavoro e i suoi rappresentanti che per primi devono dare il buon esempio in tal senso. Ecco perché i quadri ed i dirigenti devono ricevere una formazione, tale da consentire loro di gestire le materie che rientrano nelle leggi di diritto del lavoro e soprattutto gli effetti delle varie condizioni di lavoro sulle persone ed i rischi di conflitto all’interno dei gruppi di lavoratori, tali da poter rispondere con prontezza mediante un sostegno qualificato a quei lavoratori che si trovassero in situazioni di stress e di crisi da mobbing.

Sezione 3: alcuni principi importanti per devono la vita lavorativa di ogni individuo

  • il rifiuto di qualsiasi atteggiamento o comportamento offensivi, a prescindere da chi sia coinvolto o da chi ne sia il bersaglio.
  • riveste inoltre un’importanza particolare il fatto che il datore di lavoro adotti misure efficaci, per evitare che qualunque lavoratore sia oggetto di forme di persecuzione da parte degi altri lavoratori.

Sezione 4: “Misure e procedure particolari” per prevenire problemi di organizzazione del lavoro o di discriminazione

  • Nessuno dovrebbe fare in modo di celare eventuali forme di persecuzione, neppure in presenza di un rischio di conflitto di lealtà.
  • Tutti i problemi che si presentassero in un luogo di lavoro devono essere affrontati rapidamente e in maniera pertinente e rispettosa. Le soluzioni vanno trovate attraverso il dialogo e misure atte al miglioramento delle condizioni di lavoro degli interessati.
  • Se viene avanzata qualche critica nei confronti di un dipendente, quest’ultimo ne deve essere informato in modo che abbia l’opportunità di replicare.
  • Nei casi in cui risulti ovvio che un lavoratore ha veramente provocato il risentimento di altri, il datore di lavoro dovrebbe far presente al lavoratore in questione che è suo dovere contribuire a creare un ambiente di lavoro sereno e un clima vivibile.
  • Nella politica di prevenzione relativa all’ambiente di lavoro il datore di lavoro deve predisporre un piano di intervento per quanto concerne gli aspetti psicologici, sociali e organizzativi dell’ambiente di lavoro che sono altrettanto importanti dei fattori di ordine fisico o tecnico.

Sezione 5: aspetti relativi ai rapporti umani nell’ambiente di lavoro

Qui, fra l’altro, si legge che gli “eventuali attriti non siano dovuti ad un’unica persona. Di regola le cause vanno esaminate in base al modo in cui è organizzato il lavoro e non lasciare alla responsabilità di un solo individuo.”

Possono fornire un importante contributo in tal senso:

  • è importante che ogni lavoratore sia consapevole della propria capacità di contribuire ad instaurare un buon clima di lavoro, del fatto che questo rientri nei suoi doveri. Le soluzioni ai problemi vanno ricercate in primo luogo attraverso l’elaborazione di metodi di lavoro, l’assegnazione del lavoro, la comunicazione, ecc. Per il raggiungimento di questo scopo si può procedere ad un’analisi della maniera in cui lavoro è organizzato ad esempio per quanto riguarda i doveri, i requisiti e l’autorità, e quindi, su questa base, avviare una discussione e programmare di conseguenza.
  • I servizi di medicina del lavoro possono fornire un importante contributo in tal senso ed essere di aiuto durante il processo di ricerca delle soluzioni, viene fatta rilevare l’importanza che assume, di fronte ad una forma evidente di persecuzione, l’intervento immediato del datore di lavoro nell’affrontare quegli abusi che hanno originato la persecuzione stessa.

Sezione 6, intitolata: “Un supporto per l’individuo e il gruppo di lavoro”

  • il problema di come un lavoratore assentatosi dal lavoro per malattia a causa degli effetti sulla sua salute di qualche forma di persecuzione psicologica debba essere aiutato a ritornare al suo posto di lavoro al più presto possibile. La normalità della vita di ogni giorno e un sostegno psicologico e personale sono sostegni fondamentali, per neutralizzare le gravi conseguenze di esperienze così traumatiche
  • Un rapido inserimento dipende in gran parte dal fatto di mantenere dei contatti positivi con la persona, sia egli in malattia o meno, e dall’opportunità che la persona ha di parlare privatamente sia con i compagni di lavoro sia con il datore di lavoro in merito a quanto è accaduto.

È importante, prevenire le cause che generano il mobbing, è fondamentale che un lavoratore abbia condizioni di lavoro che gli consentano di svolgere il proprio lavoro, senza essere surclassato da una mole eccessiva di stressors sociali.

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Passeggiare fra gli alberi per combattere lo stress https://www.professioneformatore.it/passeggiate-fra-gli-alberi-potente-antistress/ https://www.professioneformatore.it/passeggiate-fra-gli-alberi-potente-antistress/#respond Tue, 01 Mar 2016 06:00:58 +0000 https://www.professioneformatore.it/?p=21925 Sai che passeggiare fra gli alberi è un potente antistress? Hai idea di quanto ti possa fare bene una passeggiata fra gli alberi? Alberi ed umore È stato dimostrato che quando le persone si trovano a passeggiare fra gli alberi il battito cardiaco rallenta e la pressione si abbassa. In più, questo tipo di passeggiata va a migliorare rapidamente il […]

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Sai che passeggiare fra gli alberi è un potente antistress?

Hai idea di quanto ti possa fare bene una passeggiata fra gli alberi?

Alberi ed umore

È stato dimostrato che quando le persone si trovano a passeggiare fra gli alberi il battito cardiaco rallenta e la pressione si abbassa. In più, questo tipo di passeggiata va a migliorare rapidamente il tono dell’umore.

Uno studio condotto nel 2010 ha riscontrato che passeggiare nei boschi sono strettamente connesse alla diminuzione dei livelli di ansia e malumore. Addirittura un esperimento condotto nel 2012 ha dimostrato che anche solo guardare fotografie di foreste migliora l’umore.

Foreste e diminuzione dei livelli dello stress e della frequenza cardiaca

Sono stati condotti due diversi esperimenti su due diversi gruppi di studenti, entrambi mandati a dormire in mezzo ad una foresta per due giorni, mentre altri due gruppi hanno dormito in città per le stesse due notti.

Il primo studio ha rilevato che i ragazzi che avevano dormito nella foresta avevano livelli di cortisolo più bassi, ovvero dell’ormone dello stress, rispetto ai colleghi che invece avevano dormito in città.

L’altro studio ha rilevato che gli studenti che avevano trascorso le due notti nella foresta presentavano una diminuzione della frequenza cardiaca rispetto al gruppo di controllo rimasto a dormire in città.

I ricercatori, come riportato da Scandinavian Journal of Forest Research, ritengono che gli stati stressanti possono essere alleviati con la terapia della foresta.

Passeggiare fra gli alberi: maggiore attenzione e riduzione dei pensieri negativi

Una recente ricerca dell’Università di Stanford ha riscontrato inoltre che passeggiare fra gli alberi è rigenerante per il cervello e che dopo aver passeggiato la propria attenzione è maggiore.  Il biologo Gregory Bratman ha pubblicato questo studio sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.

La ricerca ha coinvolto una quarantina di persone di città. Il campione è stato suddiviso in due gruppi, ad entrambi i gruppi è stato chiesto di fare una passeggiata di novanta minuti; un gruppo è stato condotto a passeggiare in un parco, l’altro invece è stato portato a passeggiare in una zona molto trafficata.

Ciascun partecipante ha dovuto compilare un questionario prima e dopo la camminata di un’ora e mezza. Il questionario ha indagato la tendenza alla formulazioni di pensieri negativi di tipo autoreferenziale, che fanno aumentare il rischio di entrare in depressione.

L’esperimento ha anche previsto scansioni celebrali della corteccia prefrontale subgenuale pre e post passeggiata. Quest’area celebrale si attiva in maniera particolare quando si stanno avendo dei pensieri di natura negativi ed è connessa all’autostima.

I risultati dello studio hanno mostrato che il gruppo di persone che era andato a passeggiare in un parco, ha manifestato una diminuzione dei pensieri negativi rilevata tramite l’esame celebrale. Inoltre, anche i questionari hanno rilevato un cambio dell’umore in positivo dei pensieri negativi.

Passeggiare fra gli alberi: livelli di concentrazione

Il Giornale dei Disturbi dell’Attenzione (2008) riporta un esperimento in cui i partecipanti venivano portati ad un momentaneo stato di stress acuto in cui essi esaurivano così la propria concentrazione; poi un gruppo rimaneva a riposare in studio, un altro andava a passeggiare in città ed un altro nei boschi.

Il gruppo che era andato a passeggiare nei boschi ritornava rigenerato, a differenza degli altri due che erano ancora sotto stress al termine dell’esperimento.

Secondo Bratman, in generale, stare a contatto con la natura, persino per un breve tempo, riduce i pensieri negativi spesso associati a stati patologici, questo perché secondo il biologo l’organismo umano riceve notevoli benefici dall’esposizione alla natura.

Passeggiare fra gli alberi: funzionamento della memoria a breve termine

Camminare fra gli alberi favorisce un miglioramento nel funzionamento della memoria a breve termine, questo è stato dimostrato da uno studio condotto dall’Università del Michigan su due gruppi di studenti, cui è stato inizialmente somministrato un test per la memoria a breve termine.

Un primo gruppo è stato condotto a passeggiare nei pressi di un arboreto, mentre l’altro gruppo è stato portato a passeggiare in città. Al termine della passeggiata, ai due gruppi è stato nuovamente somministrato il test.

Il risultato del test ha mostrato che il gruppo che aveva camminato vicino agli alberi è riuscito a totalizzare un 20% di risposte corrette al test in più rispetto ai ragazzi che invece avevano effettuato la passeggiata in città. La rivista Psychological Science (2008), riporta tutti i risultati precisi.

Natura ed infiammazioni

Secondo il Journal of Cardiology (2012) passare del tempo fra la natura favorisce la riduzione delle infiammazioni.

Inoltre, camminare fra i boschi rafforza il sistema immunitario.

È stato dimostrato che camminare fra i boschi migliora la salute, viene rafforzato il sistema immunitario e si riduce lo stress. È stato il Dottor Aaron Michelfelder, docente di medicina all’Università di Chicago, a spiegare che una passeggiata nei boschi è ancora più salutare di una normale camminata.

Un altro studio del 2008 ha riscontrato che le persone a stretto contatto con la natura per quattro giorni hanno manifestato di avere una capacità di risoluzione dei problemi maggiore del 50% rispetto alla media delle persone che conducono una vita normale.

Michelfelder sostiene che sia possibile combattere lo stress, andando a passeggiare nei boschi, questo perché spiega che per stare in salute è indispensabile prendersi cura dei bisogni del proprio corpo, uno stato di tensione continua logora infatti l’intero organismo, esponendolo a stress ed a malattie.

Passeggiare fra la natura: prevenzione delle malattie cardiovascolari

Infatti, lo stress è fra le cause scatenanti delle malattie cardiovascolari, una ricerca scientifica fatta dai ricercatori dell’Università di Buffalo sostiene che una passeggiata mattutina tra la natura è in grado di prevenire le malattie cardiovascolari.

I ricercatori, inoltre, sostengono che una passeggiata mattutina sia un antistress sia per gli adulti e persino per i bambini, che oggigiorno sono sempre più precocemente stressati, inoltre spiegano che le malattie cardiovascolari possono mettere radici nell’organismo, creando squilibri interni, sin dalla tenera età.

Passeggiare fra gli alberi: prevenzione dello stress

Il pediatra James Roemmich ritiene che sia molto importante che i bambini vengano protetti dallo stress. Egli ritiene che farlo sia piuttosto semplice, si tratta di portare i bambini a passeggiare al mare o in montagna o almeno nei parchi.

Questa costante abitudine di portare i bambini a passeggiare a contatto con la natura costituisce secondo il pediatra un importante fattore di protezione dal rischio di sviluppare precocemente malattie legate allo stress.

Uno studio nazionale olandese dichiara che la presenza di spazi verdi negli ambienti vitali delle persone procura i migliori stati di salute possibili. Diversi studi giapponesi hanno riscontrato che tutte quelle aree che hanno una densa copertura forestale presentano i tassi di mortalità più bassi.

14 benefici antistress di una passeggiata fra gli alberi:

  • Diminuisce la pressione sanguigna.
  • Diminuzione della frequenza cardiaca.
  • Diminuisce l’ansia.
  • Migliora il tono dell’umore.
  • Riduce i livelli di cortisolo, l’ormone dello stress.
  • Aumenta le capacità dell’attenzione.
  • Incrementa le capacità della memoria a breve termine.
  • Diminuzione di pensieri negativi.
  • Rigenera dallo stress e dall’esaurimento mentale.
  • Favorisce la concentrazione.
  • Favorisce la riduzione delle infiammazioni.
  • Viene rafforzato il sistema immunitario.
  • Incrementa la capacità di risoluzione dei problemi.
  • Aiuta la prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Ora è venuta anche a te voglia di andare a passeggiare fra gli alberi?

 

 

 

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