Soffri di burnout? Ti capita di sentire che all’improvviso non sei più in grado di svolgere il tuo lavoro come hai sempre fatto? Di sentirti di punto in bianco logorato dal lavoro?
Che cos’è il burnout
Il termine inglese burnout, che indica questo stato, letteralmente significa bruciarsi. Si sviluppa un lento processo di logoramento e di decadenza psicofisica, tale stato è dovuto alla mancanza di energie e vengono meno tutte quelle risorse per combattere lo stress lavorativo con le sue scadenze e richieste.
Chi ne soffre
Inizialmente si è pensato che il burnout fosse legato soltanto alle professioni di aiuto e/o di emergenza, negli anni invece si è visto che, persone affette da burnout si riscontrano praticamente in ogni categoria lavorativa, con lievi sintomatologie diverse.
Caratteristiche del burnout
Il quadro sindromico generale è lo stesso. Il burnout comporta esaurimento psico-fisico, depersonalizzazione, un atteggiamento spesso improntato al cinismo e un sentimento di ridotta realizzazione personale.
Il soggetto tende a sfuggire l’ambiente lavorativo assentandosi sempre più spesso e lavorando con entusiasmo ed interesse sempre minori, a provare frustrazione e insoddisfazione, nonché una ridotta empatia nei confronti delle persone delle quali dovrebbe occuparsi, dei colleghi e dei familiari.
Il burnout si accompagna spesso ad insonnia e depressione. I disagi si avvertono dapprima nel campo professionale, ma poi vengono con facilità trasportati sul piano personale: l’abuso di alcol, di sostanze psicoattive ed il rischio di suicidio sono elevati nei soggetti affetti da burnout.
Le cause del burnout
- Sovraccarico di lavoro: il disadattamento è presente quando la persona percepisce un carico di lavoro eccessivo (le richieste lavorative sono così elevate da esaurire le energie individuali al punto da non rendere possibile il recupero), quando, anche in presenza di un carico ragionevole, il tipo di lavoro non è adatto alla persona (si percepisce di non avere le abilità per svolgere una determinata attività) e quando il carico emotivo del lavoro è troppo elevato (il lavoro scatena una serie di emozioni che sono in contraddizione con i sentimenti della persona).
- Senso di impotenza: il soggetto non ritiene che ciò che fa o vuole fare riesca ad influire sull’esito di un determinato evento.
- Mancanza di controllo: il disadattamento si verifica quando l’individuo percepisce di avere insufficiente controllo sulle risorse necessarie per svolgere il proprio lavoro oppure quando non ha sufficiente autorità per attuare l’attività nella maniera che ritiene più efficace.
- Riconoscimento: si ha disadattamento quando si percepisce di ricevere un riconoscimento inadeguato per il lavoro svolto.
- Senso di comunità: è presente disadattamento quando crolla il senso di appartenenza comunitario all’ambiente di lavoro, ovvero quando si percepisce che manca il sostegno, la fiducia reciproca ed il rispetto e le relazioni vengono vissute in modo distaccato ed impersonale.
- Assenza di equità: si ha disadattamento quando non viene percepita l’equità nell’ambiente di lavoro in ambiti quali, ad esempio, l’assegnazione dei carichi di lavoro e della retribuzione o l’attribuzione di promozioni e avanzamenti di carriera.
- Valori contrastanti: il disadattamento nasce quando si vive un conflitto di valori all’interno del contesto di lavoro e cioè quando la persona non condivide i valori che l’organizzazione trasmette oppure quando i valori non trovano corrispondenza, a livello organizzativo, nelle scelte operate e nella condotta.
Le conseguenze del burnout
A livello individuale:
- Atteggiamenti negativi verso i clienti/utenti
- Atteggiamenti negativi verso se stessi
- Atteggiamenti negativi verso il lavoro
- Atteggiamenti negativi verso la vita
- Calo della soddisfazione lavorativa
- Calo dell’impegno verso l’organizzazione
- Riduzione della qualità della vita personale
- Peggioramento dello stato di salute
A livello organizzativo:
- Aumento dell’assenteismo
- Aumento del turnover
- Calo della performance
- Calo della qualità del servizio
- Calo della soddisfazione lavorativa
Le fasi del burnout
Negli operatori sanitari ad esempio, la sindrome si manifesta generalmente seguendo quattro fasi:
- La prima, preparatoria, è quella dell’entusiasmo idealistico che spinge il soggetto a scegliere un lavoro di tipo assistenziale.
- Nella seconda (stagnazione) il soggetto, sottoposto a carichi di lavoro e di stress eccessivi, inizia a rendersi conto di come le sue aspettative non coincidano con la realtà lavorativa. L’entusiasmo, l’interesse ed il senso di gratificazione legati alla professione iniziano a diminuire.
- Nella terza fase (frustrazione) il soggetto affetto da burnout avverte sentimenti di inutilità, di inadeguatezza, di insoddisfazione, uniti alla percezione di essere sfruttato, oberato di lavoro e poco apprezzato; spesso tende a mettere in atto comportamenti di fuga dall’ambiente lavorativo, ed eventualmente atteggiamenti aggressivi verso gli altri o verso se stesso.
- Nel corso della quarta fase (apatia) l’interesse e la passione per il proprio lavoro si spengono completamente e all’empatia subentra l’indifferenza, fino ad una vera e propria “morte professionale“.
Ambiti applicativi: trattamenti del burnout
La prevenzione o il superamento di una situazione di burnout non può prescindere da un reale cambiamento delle condizioni in cui lavora l’operatore e senza dimenticare che il burnout è una vera e propria sindrome contagiosa che si estende a tutti gli operatori.
L’organizzazione del lavoro d’aiuto deve pertanto prevedere innanzitutto la creazione di un clima lavorativo (cioè lo stato d’animo del sistema) positivo attraverso l’analisi e il confronto delle motivazioni e delle prestazioni dell’équipe lavorativa contemporaneamente ad un attento esame.
Esso deve tenere presenti realtà quali la legislazione, i cambiamenti culturali e strutturali organizzativi dei servizi, le gerarchie e i relativi ruoli, i poteri e le responsabilità, le competenze e la formazione professionale.
Garantire un clima che sia gratificante per l’operatore significa quindi gestire il suo carico emotivo personale a favore della promozione del benessere psicofisico e prevenire problematiche relative a stress lavorativo.
Occorre quindi richiamare l’attenzione sull’importanza fondamentale della prevenzione e della terapia di una sindrome come quella del burnout, che rappresenta senz’altro la patologia di un’organizzazione lavorativa, detta organizzazione disorganizzata, con conseguenti ripercussioni negative.
Le conseguenze si hanno sia sulla salute dell’operatore sia sulla qualità dei servizi forniti alla collettività degli utenti. A qualsiasi livello agisca l’operatore delle professioni d’aiuto, esistono strategie di intervento.
Esse sono state individuate da Cherniss (1983) per prevenire il burnout, inteso come modalità errata di adattamento allo stress lavorativo, messa in atto da operatori che non dispongono delle risorse appropriate per fronteggiarlo.
Si tratta di una sorta di “ritirata psicologica” dal lavoro, in risposta ad un eccessivo stress o insoddisfazione, per cui ciò che un tempo era sentito come “vocazione” diventa soltanto un lavoro.
Non si vive più per il lavoro, ma si lavora unicamente per vivere: vi è, quindi, una perdita di entusiasmo, interesse e senso di responsabilità per la propria professione.
Le strategie di intervento costituiscono un utile contributo per la pianificazione di un programma mirato alla risoluzione di questo problema, che può manifestarsi sotto quattro gruppi individuati da Cherniss (1980):
- Sintomi fisici: fatica e senso di stanchezza, frequenti mal di testa e disturbi gastrointestinali, raffreddori e influenze, cambiamenti delle abitudini alimentari, insonnia e uso di farmaci.
- Sintomi psicologici: quali senso di colpa, negativismo, sensazioni di fallimento ed immobilismo, alterazioni dell’umore, irritabilità, scarsa fiducia in sé, scarse empatia e capacità d’ascolto.
- Reazioni comportamentali: come alta resistenza ad andare al lavoro, assenteismo e ritardi, tendenza ad evitare o rimandare i contatti con gli utenti, ricorso a procedure standardizzate.
- Cambiamenti di atteggiamento con gli utenti: cui si dimostra chiusura difensiva ai contatti, cinismo, perdita di disponibilità all’ascolto, distacco emotivo, indifferenza, colpevolizzazione; utilizzo di misure del controllo del comportamento come l’uso di tranquillanti; atteggiamenti sospettosi o paranoidi. Anche con i colleghi si sviluppano atteggiamenti di evitamento dei contatti e di risentimento.
Strategie per la Prevenzione del Burn-Out (Chemiss, 1983)
Sviluppo dello Staff
- Ridurre le richieste imposte agli operatori da loro stessi attraverso l’incoraggiamento ad adottare obiettivi più realistici.
- Incoraggiare gli operatori ad adottare nuovi obiettivi che possano fornire alternative di gratificazione.
- Aiutare gli operatori a sviluppare ed utilizzare meccanismi di controllo e di feed-back sensibili a vantaggi a breve termine.
- Fornire frequenti possibilità di training per incrementare l’efficienza del ruolo.
- Insegnare allo staff a difendersi mediante strategie quali lo studio del tempo e le tecniche di strutturazione del tempo.
- Orientare il nuovo staff fornendo un libretto che descriva realisticamente le frustrazioni e difficoltà tipiche che insorgono sul lavoro.
- Fornire periodici “controlli di burnout” a tutto lo staff.
- Fornire consulenza centrata sul lavoro o incontri per lo staff che sta sperimentando elevati livelli di stress nel proprio lavoro.
- Incoraggiare lo sviluppo di gruppi di sostegno e/o sistemi di scambio di risorse.
Cambiamenti di Lavoro e delle Strutture di Ruolo
- Limitare il numero di pazienti di cui lo staff è responsabile in un determinato periodo.
- Distribuire tra i membri dello staff i compiti più difficili e meno gratificanti ed esigere dallo staff che lavori in più di un ruolo e programma.
- Pianificare ogni giorno in modo che le attività gratificanti e quelle non gratificanti siano alternate.
- Strutturare i ruoli in modo da permettere agli operatori di prendersi periodi di riposo quando è necessario.
- Utilizzare personale ausiliario (e volontari) per fornire allo staff ordinario possibilità di riposo. Incoraggiare gli operatori a prendersi frequenti vacanze, anche con un breve preavviso se necessario.
- Limitare il numero di ore di lavoro di ogni membro dello staff.
- Non incoraggiare il lavoro part-time.
- Dare ad ogni membro dello staff la possibilità di creare nuovi programmi.
- Costituire varie fasi di carriera per tutto lo staff.
Sviluppo della Gestione
- Creare programmi di training e sviluppo per il personale attuale e futuro che si dedica alla supervisione, accentuando quegli aspetti del ruolo che gli amministratori hanno già difficoltà ad affrontare.
- Creare sistemi di controllo per i supervisori, quali indagini tra lo staff, e fornire al personale della supervisione un feed-back regolare sulle loro prestazioni.
- Controllare la tensione di ruolo nei supervisori e intervenire quando essa diventa eccessiva.
Soluzione del Problema Organizzativo e Momento Decisionale
- Creare meccanismi formali di gruppo per la soluzione del problema organizzativo e la risoluzione del conflitto.
- Organizzare training per la risoluzione del conflitto e la soluzione dei problemi di gruppo per tutto lo staff.
- Accentuare l’autonomia dello staff e la partecipazione alle decisioni.
Obiettivi del Centro e Modelli di Gestione
- Rendere gli obiettivi chiari e compatibili per quanto possibile.
- Sviluppare un forte ed originale modello di gestione.
- Condividere la responsabilità delle cure e della terapia con i pazienti, le loro famiglie e la comunità sociale.
Come si misura il burnout
Per misurare il burnout ci sono diverse scale ma è da ricordare la scala di Maslach: un questionario di 22 item, per stabilire se nell’individuo sono attive dinamiche psicofisiche che rientrano nel burnout.
Lo psicologo sociale, Potter (2005), inoltre ha ideato un test di valutazione del burnout, al fine di attuare interventi sia di prevenzione che di gestione del fenomeno.